subito nuova al Canale, il quale con alcuni suoi sottili discernimenti havendo benissimo compreso che le due galere fussero state assalite, senza metter tempo in mezzo (come che quel giorno non fosse il dì di Pasqua tanto riverito da Christiani) con ogni possibile celerità fece entrare tutte lo sue genti nelle sue galere che seco erano et dato de remi nel mare, et questi et le vele adoperando, tenne il cammino che avevano tenuto le due galere.
   Era quando era partito il Canale da Napoli di poco passato il mezzogiorno, dal quale insino a notte et tutta notte insino alla seguente mattina navigò senza haver veduta alcuna delle sue galere. Poi nel spuntar dell’alba, trovandosi non molto lontano da un eminentissimo scoglio detto “ S. Giorgio d’albero fece primieramente (com’è costume dei buoni naviganti) salire alcuni dei suoi marinari sopra l’albero della sua galera et bene d’ogni intorno guardare se essi alcun navilio scoprissero.
    Dai quali intese che essi di lontano (quando appena lor serviva la vista) vedevano alcuni legni da remo, dei quali pareva che l’uno tenesse a remurchio l’altro, ma non potevano ben conoscere se quei legni erano tutti galee o fuste, ma solo affermarono essere pure navilii da remo et che tenevano il camino verso Zia, isola dell’arcipelago. Del qual avviso non si tenendo pago il Canale per haverne maggior certezza fece montar uno dei suoi sullo scoglio acciò che egli dalla cima di quello potesse più chiaramente conoscese il tutto, et egli scorse con le conserve alla spiaggia del detto scoglio, alla sommità del quale fu sì tosto colui che per scoprire era stato mandato che con molta prestezza si mise per ritornare. Et accennando con ambe le mani che levassero l’ancore et via fuggissero, faceva loro noto che venivano di dietro lo scoglio un infinito numero di vele nimiche, poco curandosi egli per quello che appariva di dover sopra
lo	scoglio rimanere miseramente cibo alle fiere. Non lo potendo bene intendere i nostri et meravigliandosi di quella fretta fu mandato lo
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