castello di Hegina) portata la vittoria molto lontana, se la fortuna (com’io spesso dico) non gli fosse stata nemica, perciocché avendo egli quel corsale molto seguito et essendo già la galera in vista nel-Fuscir dalla punta dello scoglio detto S. Giorgio d’Albero, hebbe d’improvviso a fronte il Capitano dell’armata turchesca, il quale, con 90 et più vele fuori dello stretto di Costantinopoli uscito, verso quella parte se ne veniva. Laonde convenendo in un subbito al mio Canale essere per difesa di sé medesimo di cacciatore d’altri fuggitivo uscì un’astutia per la quale le galere, i marinari, la vita et honor suo conservò con grandissima maraviglia de nemici che lo cacciavano et stavano per pigliarlo, dimostrando chiaramente che nè peritia di arte marinaresca nè ardire di valente capitano, nè sforzo di buon soldato, ma solo una seconda fortuna gli mancasse (13). Queste cose possono per avventura parer a un certo modo leggere, ma non a chi, che da una parte il danno avvenuto dall’altra l’utile che (come sopra si disse) avvenir poteva con dritto occhio alquanto per dentro discorrendo riguardarà. Et questo pocho discorso può bastare, Mr. Alessandro, a dimostrarvi quanto la fortuna al Canale fosse contraria, benché altre disavventure et forsi di queste maggiori havrei potuto raccontare, le quali ho pretermesse per non essere di fastidio a questi signori et perchè voi piuttosto attendiate alla promessa. Queste che voi chiamate disavventure, rispose subito il Contarmi, non togliono che altrettanti anzi assai più non siano stati i favorevoli successi del nostro Canale et quantunque ad un cacciatore sia laude di prendere molte fiere, nondimeno a niuno fu vergogna giamai non averle prese tutte. Nè fu mai capitano il quale tenesse (com’è in proverbio) sì strettamente la fortuna nè i crini che a qualche tempo ella torcendosigli in mano non se gli dimostrasse contraria. Nè meno Alessandro Magno che vinse tutto il mondo, nè Giulio Cesare ai quali n è di grandezza d’animo o felicità alcun altro fu uguale furono [43]