adoperarsi, et adoperandovisi ne seguirà che maggior numero di persone atte al combattere habbia ciascuna galera. Rispose prestamente il Contarmi: Certo che io havevo in animo di dimostrarvi ragionando quanto un capitano nelle zuffe navali possa promettersi delle genti da remo, facendo egli disegno di valersene non solo nel movere della galera, ma ancora nel difenderla; ma io haveva ciò lasciato ad altro più comodo luogho disegnando di favellar prima di alcune cose assai necessarie. Nondimeno per sodisfarvi non mi fia discaro di mutar l’hordine. Deh (disse il Cornaro) siate contento Mr. Jacomo che egli seguiti nel modo da lui divisato, perciochè nel guastar l’ordine si guasta ogni perfettione et la confusione è sempre cagione d’oscurità. Io non ho questo detto (rispose il Canale) per turbar l’ordine del Contarmi, ma per desiderio d’uscir fuori di dubbio perciochè assai vale nel mio animo l’autorità dei nostri antichi. Seguiti adunque come gli pare che questo dubbio quando che sia mi si risolva. Quindi il Contarmi il lasciato filo così riprese: havendo io così fattamente provveduto a questa galia ch’ella non meno colla vela co i remi può navigare sicuramente, et havendole posto dentro quella quantità di soldati che ho stimato esser convenevole et necessario, hora altro non mi resta che procurar di darli il modo et la via onde ella possa con ispavento et danno dei nemici comparire tra le pugne. Il che altro non fia che armar le genti et ordinarle a battaglia, impresa invero difficile. Ma io non dirò quello che, come più volte ho detto, ho imparato nelle scuole non della filosofia o nelle historie degli Antichi, ma della esperienza di molt’anni senza la quale ardisco di affermare che non fu mai buon Capitano. Discorreva il vostro Tullio (4), Mr. Jacomo et Mr. Marc’Antonio mio, delle bisogne della guerra molto ben ragionando et scrivendo, ma nell’operare non si trovava poi quello che la lingua et la penna lo dimostravano. Et questo per avventura diede occasione a Tito Livio di scrivere che l 122 ]