altri doi (cioè di lunghezza di piedi 32) et è quello che voga il galeotto che siede accanto la corsia, il secondo chiamato postizzo di lunghezza di 30 et mezzo, et è quello vogato da quel galeotto che siede per ordine secondo al banco, et il terzo (che noi terzicio et i ponentini terzarolo chiamano et così parimente è detto il galeotto che lo tira) di longhezza di piedi 29 et mezzo. I quali tutti tre sono anco dalla parte di fuori con giusto ordine assettati et si veggono apparire secondo le lunghezza l’uno alquanto più lungo dell’altro, oppure quell’altra specie di palamento che da essa parte di fuori ha tutte tre le sue pale d’una medesima lunghezza, le quali nel vogare vengono a rompere il mare quasi nello stesso luogo. A me pare, rispose il Contarmi, migliore il disuguale per doi ragioni; l’una è che ciascuno di quei remi percuotendo il mare secondo la sua lunghezza avviene che lo rompano in un medesimo tempo in tre punti diversi (che sono da dove batte il pianerò a dove batte il ter-zichio, della lunghezza di poco meno di tre piedi), la qual cosa alle galee doppia velocità rende di quello che fanno gli altri, che essendo di ugual misura ne segue che essi non possono rompere il mare se non in un medesimo luogo, perciocché per la poca distanza che vi è da una all’altra quasi tutte le rompiture vengono in uno stesso punto che non è più di doi piedi di lunghezza. L’altra ragione è che il posticcio et il terzicio di remi l’un più corto dell’altro per questa disparità non possono trascinare le pale et far scia co me fanno gli altri che sono d’una misura. Et questo basti haver detto dei remi. Vorrei in oltre che questo mio palamento si fornellasse (che diciamo noi propriamente quando i remi si fermano alti dal mare et fanno parere la galera quasi un uccello che apra et stenda l’ali) tutto sopra la coperta della galera, come hora usano la maggior parte delle galere et non come usavano per l’adietro et molte usano tuttavia, le quali, finita che è la voga, fermano i gironcelli dei remi ad alcuni gradi