egli non era nato all’armi. All’incontro vedete in quello la stupenda eccellenza di Cesare poiché vi si era esercitato da fanciullo. Ma di ciò, se ben mi ricordo, molto a pieno si hebbe a ragionare il dì passato. Qualunque volta adonque mi è venuta occasione di combattere ho sempre voluto, in anzi che si diano le arme in coperta, dividere tutti i soldati et i marinari in tre parti, come anco si suol fare degli eserciti da terra et quando io non mi ho trovato più che 90 huomini in galea mi è piaciuto che di quei venti che io sceglieva perchè ne’ bisogni, come io dissi, gli altri potessero soccorrere, sei almeno greci et arcieri ne fossero. Et tra questi doi compagni di albero, un capo di bombardieri et un sottocapo et gli altri mi era grato havergli di natione italiana et in gran parte archibugieri. Ridotti questi venti huomini sotto coperta quindi facevo chiudere con diligentia le porte di tutte le ghia ve, trahendone fuori quella dello scrivano affine che combattendosi non potesse alcuno col ricoverarsi in quella sottrarsi dal pericolo rimanendo di fare il suo debito. Ma molto più mi mosse a serbar questo costume il provvedere che nell’ardore della guerra in quei luoghi pieni come sapete di ogni maniera di monitioni et massimamente di polvere, per qualche sinistra ventura non s’appigliasse il fuoco, cosa che di leggiero poteva avvenire, o che quello fosse a bello studio gettato da’ nemici o da nostri lasciato cadere per inavvertenza. A quella poi dello scrivano, che per il bisogno della galera, non si poteva tener serrata, volsi che per riparare a soprastanti pericoli di fuoco vi si tenesse di sopra doi schiavine molto ben molli et bagnate. Perchè poi niuno soldato prendesse animo di abbandonare la pugna, ordinai comunemente a quei venti che a quanti la giù ne scendessero levassero subbito di vita. Così avvisandomi che la necessità potesse servire in cambio di virtù. Disposte adunque et ordinate le cose in questa maniera et divise in tre parti quelle genti che per valermi dell’opra loro nel combattere [123]