52 SAGRE, FESTE E RITI no ad Ivrea, nemmeno al ristorante, si è mai sognato di mangiare arance il giorno di Martedì Grasso; hanno tutti troppo timore del mal di visceri o di rimanere senza munizioni nel folto della mischia. E la mischia, si annuncia furibonda : lo si intuisce dal cipiglio di certe squadre di giovanotti e di belle ragazze, tutti bravamente imberrettati, che percorrono il campo della imminente battaglia, sbirciando con occhio concupiscente le vetrine dei negozi ed i cappelli dei forestieri, che arrivano con gli ultimi treni del mattino, e non ancora muniti del rituale copricapo rosso. Ma niente paura; lungo le strade, dalla stazicne al centro, è una serie ininterrotta di venditori di berretti scarlatti d’ogni foggia e di ogni stoffa, persin di carta, e dovunque vi sentite dare, come una parola d’ordine, questo consiglio misterioso : « Comprate il berretto, se avete cara la pelle ». Il corteo che si forma nel rione della Mugnaia è veramente caratteristico. In testa al corteo marciano gli alfieri con le cinque lacere bandiere delle ex parrocchie, ora divenute rioni. Queste bandiere rionali, come gli stendardi delle contrade di Siena, sono gelosamente custodite nel palazzo podestarile, da cui escono soltanto per il corteo carnevalesco. Seguono i pifferi e i tamburi in costumi medicevali rossi e blu, che nella bizzarra fusione dei loro suoni combinati, danno un senso di musica araba con contorno di « mon/er-rina ». Ed ecco una cavalcata di rajà, che sotto la pioggia di arance, fanno, com’è loro dovere, gli indiani, ma cgni tanto, quando un proiettile leva loro la ruggine dal volto, lanciano tra la folla un « Molla Pinoti » non perfettamente in istile. Dopo i rajà, i pellirosse, a cavallo naturalmente.