nè l’uno nè l’altra, fossero stati collocati in S. Geminiano nella Cappella Sansoviniana. Ma prima che tali lavori di abbattimento della Chiesa si iniziassero si volle, per iniziativa della Accademia di Belle Arti, procedere al riconoscimento ed all’esumazione dei resti mortali del Maestro: ciò che venne fatto, come riferisce Emanuele Cicogna nelle sue « Iscrizioni Veneziane », voi. IV - pag. 26-29, alla presenza dei rappresentanti dell’Accademia e della Commissione medica il 2 e l’u giugno 1807: a cui seguì nel settembre dello stesso anno il trasporto dei resti mortali ritrovati e raccolti in una piccola cassa, nella chiesa di San Maurizio con l’intendimento che in questa chiesa, allora ricostruita sul modello dell’abbattuto san Geminiano, sotto gli auspici della stessa Reale Accademia, fosse eretto al « proto » famoso un ricordo monumentale; ma poiché nulla si riuscì a concretare, alcuni anni dopo, per suggerimento dell'abate Giovanni Antonio Moschini, venne decisa una nuova traslazione delle ossa del grande architetto: nel 1820 alla presenza delle autorità cittadine e con solenne accompagnamento, avvenne il trasporto della piccola urna contenente i resti mortali di Jacopo Sansovino nell’Oratorio del Seminario Patriarcale annesso alla Basilica della Salute, dove vennero deposte sotterra contrassegnandone il posto con un piccolo sigillo marmoreo con su incise le sole lettere iniziali — O. J. S. — e collocandovi in suo onore una ricca urna pensile proveniente pur essa da san Geminiano, dove però era dedicata al Cancelliere Grande Giampietro Stella, e un busto in terracotta, opera di Alessandro Vittoria, che, ritenuto allora ritratto di Jacopo Sansovino, risultò essere invece il modello del Ritratto in marmo del Senatore Gerolamo Grimani, esistente in San Giuseppe di Castello. Se patria carità aveva in tempi tristi mosso cittadini benemeriti a raccogliere e a onorare pietosamente, perchè non subissero l’estremo oltraggio della dispersione, le ossa di un Uomo tanto eminente nelle arti veneziane, oggi uno spirito amorosamente vigile delle memorie del nostro passato, Luigi Marangoni, « proto » pur egli di san Marco, comprese che atto di devota ammirazione doveva esser reso al grande suo predecessore, riportando, dopo più di un secolo di lontananza, le ossa di Lui, come Egli in vita aveva desiderato, accanto alle maggiori sue fatiche, accanto a quegli edifici, che oggi sono i segni della sua gloria, come furono per Lui le creature del suo sogno e della sua passione. Recar a compimento questo suo proposito, riportare a IO