nello spirito, per cui Roma veniva evocando ed offrendo i modelli della sua antichità dissepolta, segnava allora la via all’arte nuova; in quei giorni Michelangelo aveva scolpito a Firenze, il David gigantesco, e a Roma, proprio all’inizio del gran secolo, Bramante aveva eretto il suo « grande » piccolo tempio di san Pietro in Montorio : due capilavori, due pietre miliari che segnano nel cammino dell’arte l’aprirsi di un’èra nuova. Di questo periodo glorioso e fatale per l’arte italiana in cui idealità diverse si incrociano e contrastano, l’arte di Jacopo Sansovino portò in sè il ricordo e i segni. Però nel fondo egli rimase essenzialmente un innamorato del dolce stile della sua Toscana e se i modelli classici e se l’arte possente di Michelangelo e di Bramante poterono a lui suggerire di volta in volta forme ed ispirazioni nuove, nelle sue sculture più belle, ritorna a rifiorire, eco lontana ma non mai spenta anche negli anni della vigorosa maturità, quell’intimo senso di freschezza e di gentilezza toscana, che è spesso la forza e la salvezza della sua arte. Arte fatta di serene e composte armonie che, discostandosi dall’agitato e fiero naturalismo donatelliano, non si propone di affrontare nè vuole evocare profondità di pensiero o tormenti di passione, ma raggiungere, paga della purezza gioiosa della forma, un ideale di grazia e di dolcezza che tutt’al più, a volte, si vela, per farsi, più cara e più suggestiva, di una vaga, attonita melanconia. Più che nelle due grandiose statue di san Giacomo, l’una fiorenti-nissima in santa Maria del Fiore, eseguita tra il 1513 e il 1518, l’altra più romana, perchè più davvicino ispirata ai modelli classici, oggi in santa Maria del Monserrato a Roma, l’opera del Sansovino scultore, del primo periodo, trascorso tra Firenze e Roma, si riassume e si comprende sopratutto nelle due sue più celebri sculture, del Bacco del Bargello a Firenze e della Madonna romana in Sant’Agostino. Col Bacco il Sansovino crea il capolavoro della sua giovinezza; la romanità del soggetto e dell’ispirazione qui è rivissuta in pienezza di gioia e di vita: è il senso pagano, la spensierata e gaudiosa libertà delle allegre brigate fiorentine che qui prorompe nel bel corpo slanciato del giovane iddio, nel sorriso sensuale con cui egli fissa lo sguardo voglioso sulla tazza ricolma; nel ricavarne in marmo il modello per gli Orti del Bartolini in Guaifonda, egli lavorava con tanta gioia da sembrar quasi che « volasse con le mani e con l’ingegno ». 34