Ma a questo ciclo di dipinti, a cui diedero opera a cominciare forse dal 1560 alcuni degli stessi pittori che avevano decorato il soffitto, come Paolo Veronese, Battista Franco, Andrea Schiavone, ai quali si aggiunse poi, fra il 1569 e il 1572, Jacopo Tintoretto con la nuova e più vasta serie dei suoi « Filosofi », ebbe di continuo a subire alterazioni e mutamenti specialmente nel sei e nel settecento, fino a che nel 1762-63, ai tempi del Doge letterato Marco Foscarini, ogni decorazione pittorica della Sala venne tolta e le tele dei « Filosofi » furono portate in Palazzo Ducale a formar decorazione ad una vasta sala semibuia nell’appartamento del Doge, che si disse appunto, la Sala dei Filosofi. Rifatto in quell’occasione il vasto e ricco mobilio della Libreria tutt’intorno alle pareti, la Biblioteca qui vi rimase fino al 1812, quando per ordine napoleonico, l’antica libreria di S. Marco dovette passar tutta a Palazzo Ducale, esulando dalla sua sede secolare, a cui solo ora ha potuto far ritorno per generoso atto di sovrana illuminata liberalità. La serie dei « Filosofi ». Delle figure dei « Filosofi », di cui il Boschini arriva a contarne diciotto, quattordici sono giunti a noi, computando in questo numero, accanto a quelli rimasti sempre a Venezia ed esposti in questa Sala, anche quelli conservati nei depositi di Palazzo Ducale e delle Gallerie, quelli passati a Vienna verso la metà dell’ottocento ed ora tornati in patria dopo la nostra vittoria, e quello, alquanto rovinato, dal crollo del Campanile nel 1902. Essi, i « Filosofi », costituiscono l’essenziale decorazione della Sala, ideata a completamento del ciclo allegorico del soffitto, decorazione intonata alla severa nobiltà del luogo; uomini di studio e di pensiero, posti fra codici e libri, fra astrolabi e compassi, a meditare dalle loro nicchie, placidi e sereni come quello ideato da Paolo in letizia di colore, corrucciati e pensosi nelle forti penombre, con cupi sbattimenti di chiaroscuri, tutti intenti a ficcar lo sguardo aggrottato nei grossi libroni, come li immaginò il « terribile » cervello del Tintoretto. Dei nove Filosofi (o, forse, secondo alcuni, dodici) che egli ebbe ad eseguire, oggi solo cinque, o tutt’al più sei, fra le tele dei « Filosofi » a noi giunte, si possono dir suoi : degli altri, due si riconoscono come opere di Paolo Veronese, altre due di Andrea Schia- 62