246 SAGRE, FESTE E RITI dialetto S. Costantino) è un continuo via vai di uomini montati su magnifiche cavalcature, di donne indossanti costumi ricchi di seta e d’oro, di venditori che urlano a squarciagola la bontà di quel che smerciano. La stradetta polverosa che dall’abitato, per un percorso di un chilometro, porta al Santuario, è animata in ogni ora del giorno e della notte, da una fiumana di gente che canta e grida tutta la sua devozione al Patrono guerriero. La imponente processione che chiude i festeggiamenti, è quanto di più caratteristico si possa immaginare. Al tramonto dell’ultima giornata, tutti i cavalieri che son venuti alla festa si radunano all’ingresso del paese, e dietro si ammassa la folla salmodiante. Gli uomini a cavallo, che spesso raggiungono il migliaio, sono tutti armati di fucile e indossano i caratteristici costumi dei vari paesi della Barbagia, dell’OglLstra, del Campi-dan e di Gallura. Ad un ordine del Parroco, anch’esso a cavallo, il corteo si mette in moto, preceduto da tre grandi bandiere di seta che recano impresse sul fondo bianco, le teste dei quattro mori di Sardegna. Giunta la cavalcata ai piedi della collina che porta al Santuario, tutti si arrestano nel più assoluto silenzio. 11 solo Parroco si distacca e si avvia verso la Chiesa, dove giunto, scende di cavallo, e rivolto alla massa fa cenno di avanzare. A questo punto lo spettacolo diventa fantastico; centinaia di cavalieri si lanciano a galoppo sfrenato su per il colle con le bandiere in testa; dinanzi alla Chiesa si arrestano, puntano i fucili verso il cielo ed iniziano un nutrito fuoco da dare l’impressione di un vero e proprio combattimento contro un nemico invisibile. Le donne, mentre gli uo<