58 SAGRE, FESTE E RITI zione la città, con un’edicola di fianco alla facciata della basilica di San Zeno fece porre un busto del medico filantropo. La piazza, l’edicola e la « Tavola dei Pitocchi » che le sta dinanzi, sono state per secoli la mèta del « baccanale del gnocco ». Ma la festa preesisteva. E in sostanza serviva, pur rispettando il precetto del magro, a dar modo al popolo, nel venerdì di carnevale, di fare una gran baldoria con pappatoria meglio che di grasso. I sanzenati, abitanti della contrada di San Zeno, sono in tutti i tempi l’elemento capitale dei cortei. Giocondissimi tutti 1 veronesi; ma 1 sanzenati hanno imparato da San Zeno. Nel settecento, ai puttelli, agli uomini in zerbina o da Pulcinella, alle donne alla giardiniera, si aggiunsero 1 sanzenaj a cavallo, rappresentanti delle arti e dei mestieri. Acclamazioni e schiamazzi, con accompagnamento di timpani, oboe, fagotti, corni e trombe; e lo stendardo della contrada alla testa. Un Capo, cavalcando un ciuco bizzarramente bardato, entra con seguito di maschere nel palazzo Capitanile, e sale ad ossequiare il Rettore in puro dialetto sanzenato, con la piva in bocca e sempre sull’asino. Dopo di che il Rettore prende posto nella sua carrozza e si unisce al corteo. Sbucano allora sulla « Piazzfl dei Signori », drappelli d’uomini recanti ceste di pane e di formaggio e brente di vino, scortati da fucilieri e cavalleggeri. Il corteo è al completo, e al suono degli strumenti s’incolonna per il Corso verso Piazza San Zeno. Vennero in seguito i carri allegorici, le meravigliose ri-produzioni storiche. Fu l’Austria che favorì la festa e ne sviluppò il lusso e il chiasso sotto la sua dominazione.