NOTE
    1)	Cfr. nella Gerusalemme Liberati (cinti VII) l’episodio di Erminia fuggente inseguita da Tancredi.
    2)	Presso gli Epiroti l’uccello è sovente messaggero ed interprete delle sciagure e dei voti nazionali.—Biondelli.
    3)	V. la nota ia del 3° canto p. p.
    4)	</iM, grido di eccitamento, deriva da jalà = coraggio, prontezza. Cfr. aXaXà, aXa^vi. Camarda.
    5)	Szara e Drekje.— Presso gl’italo-albani si ricordano le Dre-kjesze (vez^egg. di Drekje) per alcuni benigne, come presso gli Epiroti le Jaftme (in 'Piana se ne ha anche memoria, e si dicono S^o-njat e Jaftme; a n^i esiste una piccola pianura che l chiamata Fusha t Siònjavet = la pianura delle signore; e si dice che nella notte di ogni venerdì le Jaftme ivi intreccino la ridda.), le Ore, la Mavihia , I4 E bùkura e dheut, la Vittoreja; per altri maligne, come i Perrite della Media Albania, la Sikjéiies^a, la Lubia, la Fialma, lo Stihjiu o la
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Stihjoja (in Piana Stilijia, e presso i Greci moderni TÒ STty io). Cam. xApp. ecc. Discorso prcl. p. XIII. Il De Rada nell’op. cit. ediz. 1866 aveva tradotto Szarat per streghe; e nell’ediz. del Flam. traduce Sorti, cfr. il gioco della zara.
    Il	mio amico poeta albanese G. Serembe, da S. Cosmo, nelle sue bellissime e classiche canzoni in lingua patria, usa la parola Szana = S^ara nel senso di Musa, deriv. dal verbo zéè = apprendo, vengo a conoscenza di una cosa.
    Drékjesze sono esseri cattivi che nella tradizione albanese ven-gon fuori di notte; e alle sponde dei (lumi lavano le loro lunghe poppe, percotendole ai sassi. Sono, con poco fondamento, ritenute dal Dorsa (Studi etimologici sulla lingua albanese) Dive benigne. De Rada.
    10	non ho potuto avere quest’altra opera del Dorsa citata dal De Rada; ma credo che non del tutto il dotto albanologo errasse nella interpretazione della parola in questione, la quale avvicinata a drekj = dirittamente, donde i drekjt = diritto, giusto, ed e dre-kjt-a = la mano destra, potrebbe far credere che questi esseri so-vranaturali siano benigni.
    11	canto Vili delle raps. D. R., ed. Flam., p. 10, incomincia cosi :
               Gjegjni, trima, e klnie bes.
             Lart te t^ukka e njiij rahji ish njé shesh me njè arre; atié bridhièn Szàraszit Sziraszit e Drèkjeszit; bujèn lik po mèé se mire.
               Ascoltate, o giovani, e credeteci.
            Sulla cima di una collina v’era una pianura con un noce; là sollazzavansi le Szare le Szare e le Drekje, e facevano più male che bene.
    L’ultimo verso, che corrisponde a quello che si dice nel nostro canto intorno a questi esseri, e il contenuto di tutta la raps.,
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