- 66 - trale. Questa era la regola quando ricorrevano in una chiesa le cinque cupole. Cinque. Ci ricordano le cinque parti del libro della Sapienza, ornato e maestoso che ha pur esso « il suo principio in Dio ». Il Cristo nell’abside doveva essere già una grave deroga e chissà quanto discussa tra greci e veneziani, tra difensori della rigida scuola e i rinnovatori. Quel mutamento di sede del cardine stesso dell’inveterata iconografia dichiara, da solo, la prevalenza degli artefici veneziani sugli altri. I quali, però, non s’attenevano a illogico partito ed oggi sembrano quasi trovare appoggio in Dante, l’architetto massimo di bellezza il quale coll’occhio della sua sublime ispirazione vedeva raggiare un lume et acuto sì, che il viso ch’egli affoca i chiuder conviensi, per lo forte acume... e lo vedeva al centro delle celesti ruote, delle celesti gerarchie, pernio ed asse di « .... quel miro ed angelico tempio « che solo amore e luce ha per confine. Dante mise la divinità nel centro del tempio paradisiaco e ne disse il perchè per bocca di Beatrice. Perchè « ..... da quel punto « depende il cielo e tutta la natura. Ed ora, chi dirà con certezza del primo progetto di decorazione della chiesa ? Poiché non era un tempio che i veneziani abbellivano, ma il tempio, esaltazione