- 32 - E non è a dirsi che mancasse la clamorosa gaiezza; gaiezza non saturnali, feste ufficiali e feste private, sagre e danze e freschi : le canzoni suscitavano dall’ampia vòlta del ponte novissimo echi nostalgici che acuivano la sofferenza dei debitori rinchiusi nelle celle nane del palazzo dei Camerlenghi. Poiché, appunto, il ponte di Rialto fu subito tappa festevole delle nautiche comitive e le barcarole, le arie da battello, le serenate, le sollazzevoli grida fasciarono leni o urtarono vibranti quei cavi marmi la cui sonorità si riflette sull’acque fosforescenti talora variegate dai penduli palloncini che fanno alle barche cromatico festone, squillanti anch’essi in una zuffa d’ombre e di liquida fiamma. È sotto il ponte rialtino che Benedetto Marcello sorprese sì sospirose blandizie nella voce di Rosana Scalfì? Fu il ponte di Rialto che diede valore alla canzonetta veneziana la quale corse il mondo non indegna delle Corti dei Re ? Ma non quella celebra a Venezia le notturne esaltazioni, si bene il silenzio vivo sensibile come il pulsar dell’arteria, in cui la creatura scivola ninnata dalla nera culla d’una gondola pigra, sotto un brillio di stelle che seminano lucciole sull’acque smorte. La gondola va strisciando con un gorgoglio mormorato, con una lunga cadenza, va tra angusti canali dormienti portando innanzi il lumicino fioco. Poi sbocca nel Canalazzo. Stilla perle il remo. La quiete è immensa. I palazzi, sotto il discreto raggio lunare, paiono xilografie dell'antico Carpi. La creatura è colta da una febbrile estenuazione : una malia sottile le serpe nelle viscere, nel sangue; assapora colla pace un fervore ch’è tormentosa essenza