- 73 - tutto massa senza mai riposo. Caso o giusto intento, le decorazioni di Roma e di Ravenna furono condotte così che il fondo aureo è interrotto da particolari che frastagliano le campate — alberi, iscrizioni, nubi, bordure, animali, viticci — senonchè è coll’occhio del tempo che dobbiamo guardare il miracolo che la basilica ci rivela, e colla conoscenza del fattore storico : il mosaico di Venezia fluisce direttamente dalla sorgente di Bisanzio (e qui è vano riaffermare la priorità italiana, e precisamente sicula, di quest’arte, la sua esportazione in Oriente, la sua rielaborazione colà, il suo ritorno come cosa non più nostra) mentre quello di Ravenna seguì correnti che conobbero lo spirito romano, lo spirito latino, una lieve vaghezza, quel sensibile classico che nelle epoche più tristi potè parere scomparso, ma era sempre latente. E saremo lieti di esser tacciati di semplicismo. L’aurea compattezza della decorazione musiva in San Marco (che è poi caratteristica del nord d’Italia così da vedersi incrostati anche colonne e pilastri) s’adegua, dunque, per ordine immediato come radice e fusto. Bisanzio era vinta, ma continuava a vivere nell’opera veneziana, nell’opera greco-veneziana, ne’ suoi sviluppi. Venezia esprimeva nell’arte tutta intera e sincera la vita psichica delle sue genti le quali da tempo facevano la spola Coll’Oriente e avevano colà contratti sponsali e adottati costumi e confuse colla propria le favelle e s’erano nutrite della sua esperienza tecnica e del suo sentimento estetico.