- 117 - rona, ma era stato acquisto assai dispendioso; ed ella usciva, inoltre, da quel pestilenziale sterminio che l’aveva prostrata; e le correnti de’ suoi traffici s’assottigliavano via via; e Brescia invocava aiuto chè il contagio infieriva colà. Il fuoco aveva arso col Salone, la Sala dello Scrutinio e le vicine dei Collegi e quelle delle scritture dei notari morti e della Quarantia nuova civile. « Il principe non si vide più colla faccia allegra »; ma non era sconforto. Il superbo condottiero aveva fibra da combattere il Maligno come aveva piegati i turchi — anche quei dodici che, salito al soglio, corsero a baciargli i piedi — e sta a dimostrarlo la rapidità con cui furono riuniti ben quindici architetti perchè dichiarassero come si poteva subito provvedere ai restauri. Quindici, dunque troppi ; doveva risultarne un’accademia. Ed accademia fu veramente; par di sentire taluni consessi tecnici del periodo della ricostruzione del campanile crollato. Chi era pessimista al punto da prevedere imminente la ruina del palazzo e chi ottimista così da esaltarne l’incrollabile saldezza; chi parlava di rifacimenti largamente estensivi e chi di rattoppi; chi di impresa da compiersi in lunghi anni e chi... Antonio Da Ponte promise il restauro in otto mesi. Il lavoro gli fu affidato. Non innalzeremo un inno al fuoco perchè troppo grande fu il malanno, ma riconosceremo ch’esso fu cagione di quel piano di completamento dal quale il monumento trasse vitale beneficio. Donde il compimento della facciata del Rizzo, la rinnovazione di quella ad essa prospicente colla distruzione delle scuderie e carceri che chiudeva e l’apertura della galleria, e lo sfacimento — crudelissimo — della scala Foscara che scen-