- 128 — taria di Francesco Leandro Bassano. Una esultanza cinquecentesca di finezze e di violenze, di slanci costruttivi e di blandimenti, di verità e di immaginazione e tutto in funzione di patrio beneficio, di insegnamento e di monito non di individuale orgoglio poiché ogni tela parla di avvenimenti lontani dal tempo in cui fu dipinta, ricorda il Barbarossa e Alessandro III, la quarta crociata e Enrico Dandolo e il ritorno di Andrea Contarini dopo la vittoria di Chioggia sulle armi genovesi. Tre tempi, tre superbe avventure : la difesa del potere ecclesiastico, la conquista del dominio delPOriente, la sconfitta del fratello già senza fraternità. Fra le auree corolle del soffitto le fresche e roride e splendenti allegorie di Venezia fra deità, di Venezia còronata dalla Vittoria (Tintoretto e Palma juniore) e quella paradisiaca Apoteosi o trionfo, che dir si voglia, nella quale un palpito dionisiaco si consuma nei più ardente fuoco idealistico: la glorificazione di Venezia. Nulla di più smateriato nella ben corporea reality della figura, di Venezia culminante tra le nubi, fulcro ritmico a cui convergono dal basso e dall’alto con aurea singolarità di ardimenti michelangioleschi, tra il più solenne grandeggiar di partiti architettonici, in rapite fluttuazioni polifoniche, masse di guerrieri e di popolo, la nobiltà nella specie di stupende dame, ma gistrati e sacerdoti, i miti delle virtù, volate d’angeli. Appunto : due poderosi cavalli al basso, in cima l’angelo inviato a incoronar la Dominante. La gravità s'estingue in ascensione, la concitazione si risolve in alta dignità riposata, in estasi, in astrazione. Paolo Veronese questo potè compiere perchè il suo stromento rispondeva spontaneo alla interiore scin-