— 162 — spesso, saranno usciti pian piano dalle loro stanze e su per quell’interna scala, confortati dal San Cristoforo, sovr’essa affrescato da Tiziano, lenti, magari acciaccosi, e non già nel manto di samisdoro, avvolti da veste succinta, si saranno ridotti dinanzi alla Madonna a deporre la loro pena, a invocare la sua protezione, a esalare i loro affanni per la responsabilità che li opprimeva, forse per gli intrighi in cui, talora, si sentivano irretiti, per la salute del popolo e per la loro salute, o a innalzar grazie per ricevute consolazioni ! Certo è questo l’angolo del mirabile palazzo, che per due secoli seppe tutto intero, tutto sincero di sospiri e di letizia, di orgasmi e di tenerezza il dramma delle anime dei supremi reggitori di quella repubblica che non vide mai in essi che il simbolo, il mito, poiché l’uomo, la fralezza dell’uomo appariva totalmente celata da un ermetico paludamento di altissima dignità. Qui la creatura genuflessa nella fredda penombra, ha la sua umana maschera, spesso di dolore o di rammarico; è senza grado e senza segno; è china e misera come un talamone sotto il peso della colonna, non diremo, chè sarebbe irriverente, come il gobbo di Rialto sotto l’arco della berlina ; è piegata non perchè ceda, ma perchè sostiene un mondo. Anche cittadini pii pregano per sè e per il doge ed egli per essi, per la buona sorte delle pubbliche missioni, per la buona sorte delle flotte che corrono i mari, ormai sì contesi, si umilia a Dio, alla Madonna, a San Marco, poi toma... Le figure dei filosofi dipinte a chiaroscuro lo vedono ripassare come spettro. Egli poco o nulla sa dei loro sistemi, semmai non può trovare in essi beneficio allo spirito perchè sono, precisamente, sistemi. Si è confidato col Dio senza formola, si sente più lieve, più fiducioso, più pronto :