— 80 - Francesco Zuccato il rifinito cartone del San Marco. Quel San Marco, scintillante della sua divina pennellata, è lassù sulla porta centrale che mette al tempio, copia scrupolosa di scrupolosa pittura, ma che tradisce come le molte d’allora, la materia dell’arte. Capolavoro, si dice; e tale esso è, ma solo come meccanica, puntualissima riproduzione; capolavoro, ma sacrificio che nulla dona alla pittura e tutto toglie alla genialità musiva. «3f Ma leviamoci di dosso -la veste pesante dell’indagine e abbandoniamoci con spirito deterso al fascino del sacro luogo. Quale tenerezza ci scende dentro e quale incantamento ci suade! Non solo qui si crede in Dio, ma anche un credo affiora nelle virtù dei veneziani antichi, ma anche un flusso di memorie investe e ci parla di viva fede, di sorvegliata politica, di vittorie, di sciagure, di rischi superati e di sconfitte tramutate in trionfi, di entusiasmi di popolo e di pubblici voti. Tutti, per accensione di fantasia, vediamo qui adunati i magni condottieri, i dogi, i vescovi, e gli ospiti reali ; tutti gli artefici che qui sudarono : greci barbuti dai grandi occhi neri e veneziani dallo sguardo diritto, vago di lontananze : Michele Zambono che compose un’oasi leggiadra trasfondendo il gusto muranese nell’inventiva toscana e Michelozzo Michelozzi, i Silvestri e i Barbetta, i De Zorzi e i Sebastiani, e Rizzo e Bianchini e Bozza e Marini e Luna, poi i Ceccato e i Paste-rini poi, lungo fiato, Leopoldo Da Pozzo, l’ultimo guizzo. Ma su tutti attillato, sornione, bravo troppo, Francesco Zuccato. Accanto a lui il fratello Valerio che