- 62 - di cattivo gusto, compone ripetuti motivi di tessuti e di trine. Ingigantisce, trasporta nell’architettura, il monile, la copertina da libro, il diadema. Traduce in ornamento del paliotto i simboli tessuti nell’aureo manto del vescovo. Più tardi quello ricorderà quest’ultimo chè .....i canti del vate e quelle forme che nel macigno lo scalpello impronta sorvivono all’età..... Così la chiesa marchesca va facendosi, via via, sfolgorante nella magia della sua nuova veste. Ma chi ci dirà il nome dell’artefice primo che ebbe l’estro divino, che tutte rinserrando nelle sue braccia le conoscenze delle arti (... I suoi pensieri non avevano soltanto ali, ma braccia disse Heine) innalzò il più bell’inno a Dio ? È una verità che a Venezia assài meno che altrove l’arte risponde a singole individualità eppure sia pur essa riflesso d’una collettiva proiezione psichica, chi — nella basilica — vide, cogli occhi dell’anima, l’ordine che ad ogni valore conveniva ? La storia tace. Certo egli possedeva portentosamente la sapienza, che permette interiori visioni di anticipate sintesi; conosceva le stupefazioni che si smagliano dalla materia generosa quando quasi per prodigio colonne e arcate si slanciano in un grandioso e pur casto fluttuare di sviluppi in una maliosa connessione di forza e di dolcezza, di struttura essenziale e di plastica ornativa, di fondamentale cromatismo e di sinfoniche raffigurazioni smaltate. C’è una mente sovrana, c’è un genio che si accampa. La sua concezione (quali sieno stati poi i momenti della trasformazione della sacra fabbrica) serena,