— 156 - presa la Cappella 60 m. ducati, così mi sono Io informato da uno di Maggiordomi di Sua Maestà... ». Non sappiamo perchè questa relazione non sia stata vista dal doge Marco Foscarini, autore della « Letteratura Veneziana ». Egli ne ebbe notizia, ma lamenta di non essere riescito a scovarla. Forse ignorava ch’è la terza ed ultima parte di un prezioso libretto che comincia cogli « Avertimenti politici per quelli che vogliono vivere, avanzare e profittare nelle Corti » pubblicato nel 1673 da un C. F. F. che si dice locarnese, ma sa troppo di veneziano. È un libro che pare stampato alla macchia e che sta tra una congiura spagnola contro la Repubblica e l’alleanza che portò alla vittoria di Lepanto. La congiura fu quella di Bedmar: la sola incruenta. Bedmar, ambasciatore spagnolo nel 1618 s’era illuso di dare il crollo alla Repubblica. Piano vasto, azione combinata fra terra e mare, fulminea nel cuore del Governo e nelle case dei patrizi. Dunque: incendio dell’arsenale e del palazzo ducale, prigioniero il doge Nicolò Donato, strage di nobili, l’Ossuna — viceré di Napoli — pronto ad assalire la flotta veneziana, il Toledo — governatore di Milano — destinato a piombare sulla terraferma. E a palazzo si sa tutto, tutto si sorveglia, ogni difesa cautamente si prepara. I corrieri vanno da Napoli a Milano, s’insinuano nelle sedi stesse dei reggitori, ascoltano, intercettano, tornano, guisciano nella Sala dei dieci, mentre il Bedmar, volpe tra più esperte volpi, assiste alle solenni funzioni, alle ufficiali cerimonie, e fra omaggi ed inchini ostenta la sua devozione al principe. Ma la commedia si tramuta presto in dramma. La Repubblica rompe gli indugi e lancia fieramente, e prova, la sua accusa. La Spagna sconfessa