— 82 — s’accostava alla chiesa di S. Teodoro e coloro che sugli archi Romanici della 'loggia trapunsero pinnacoli e guglie e cuspidi, cesellarono leggeri, piumosi diademi gotici, che composero marmorei ricami, foglie arrampicanti su su d’ogiva in ogiva, che alla massa sorda e compatta diedero un agile nitore saliente per brevi ritmi e risolventesi in una volata d’angeli sull’azzurro stellato dell’arcone; tra essi coloro che da un inesprimibile sentimento di grazia trassero un loro canone sicuro per ridurre a impeccabile concerto lunghe teorie di colonne dai colori leggeri e dai colori pesanti, dalle tinte fulve e dalle tinte fredde così che la melodia visiva daH’ardimentoso scenario da sonore ampiezze basilari ascende ampia, aerea, respirosa, si smorza, si spegne come trilli di candide voci; tra essi, infine, i doratori modesti che tinteggiarono le lesene, i dentelli, le volute, le aluzze degli angeli, le aureole dei Santi, il leone che culmina al centro e pare che attenda di spiegar l’ali. La mente accesa — diciamo — rivede codesti spiriti, popolazione eletta dei secoli, e ne riconosce i costumi e ne coglie il divario e il contrasto, divario e contrasto che, ormai, è nella basilica stessa, ma conciliato : profumo ch’è composito per varie essenze, coro di molte voci di vario timbro, confluenza di ascetismo medievale individuato nello schema greco di Santi e di Sibile, di corposità cinquecentesca vigoreggiante di tutta la sapienza formale in funzione di agiografia e di ricordanze secentesche; sensibilità estetiche diverse, ma ciascheduna umiliata intorno a un centro di forza e di grandezza, e graziosamente chine intorno ad esso, vorremmo dire come i gigli della Madonna del Previati.