— 135 - dierna Calle del perdon a S. Apollinare, poi viene accolto come guattero nel monastero di S. Maria della Carità e dopo sei mesi, riconosciuto da un francese — Comodo — è accompagnato in gran pompa dal doge che gli rende onori sovrani. Federico apprende tutto ciò ed intima alla Repubblica di consegnarglielo. Questa recisamente rifiuta; donde.... la seconda parte della leggenda. Federico chiede un’armata ai Pisani; la completano i Genovesi. Venezia arma trenta galee che il doge stesso comanda. Lo scontro avviene in Istria presso punta Salvore. L’armata pisano-genovese viene sconfitta ; cadono in mano dei vincitori cinquanta galee e con esse il comandante degli Imperiali : il principe Ottone, tìglio del Barbarossa, il quale viene generosamente liberato. L’imperatore, intenerito da questo gesto, stringe la pace. Grande comandante avrebbe dovuto essere colui per tanta impresa. Figurarsi! Il principe Ottone aveva allora, mese più, mese meno, otto anni. Poi Alessandro III non varcò mai i confini de’ suoi Stati sino a che Barbarossa non accettò i preliminari di pace, lise volessimo seguire nella sua abbondantissima dissertazione su questo punto Camillo Manfroni troveremmo che su tale battaglia sono muti tutti gli storiografi dall’epoca (lasciamo i cronisti tedeschi) e con essi il vescovo Romualdo di Salerno inviato a Venezia dal Re Guglielmo di Sicilia, il genovese Ottobuono Scriba sempre avverso a Federico, la Historia ducimi veneti-corum, Martin da Canale. Inoltre, a tacere d’ogni altra circostanza che nega il bellico fatto, « sulla tomba del doge Ziani fu posta una iscrizione che ricordava tutte