— 107 — pera va pensata nella particolarità della materia che le si addice, nella sua reazione atmosferica, perchè soltanto così costituirà, a disperazione d’ogni accademia, una realtà prospettica e viva e calda. Tre parti, ripetiamo : abbasso il portico, sede del popolo; più in su la smaglianza, la regalità; e su questa la ponderosa operosità di governo: le magistrature. Codeste pietre dicono l’ansito del creare pei secoli, l’ispirazione che si fa obbediente bellezza, la bellezza che si fa spirito; dicono la lotta vittoriosa dell’arte ogni volta che alla fabbrica fu posto mano o a cagione di incendi o per soddisfare quel sentimento di dignità che chiedeva alla reggia di adeguarsi agli atteggiamenti estetici dei tempi non senza ricorrenza di opportunità politiche; dicono, infine, che l’artista ha superato il travaglio di difficilissimi adattamenti e che fece cosa eterna per virtù mai costretta nella città che limiti non ebbe perchè non fu segnata dall’aratro, ma portata sul cassero d’ogni nave oltre lo stretto ed oltre la muraglia, oltre Gibilterra ed oltre Tartaria solo ad essa nota. Forte era Venezia e forte il palazzo della legge; poiché non diremo forza l’aspetto rude e severo, ma la ragionata, inscindibile struttura dell’opera. Forza è nell’ordine tutto serafico di Frate Angelico non meno che nella violenta notomia di Michelangelo, in Bramante più che in Bernini, in Sansovino più che in Sam-micheli. Il tendine prevale sul muscolo. L’efebo di Fidia soverchia l’atleta di Policleto. Ma il palazzo non è soltanto forte, è saldo, è del futuro. No, non ebbe bisogno che creatura immolata ne arrossasse perciò le fondamenta, e tuttavia esso afferma « il potere del sangue » di quello che sparsero i figli della Repubblica su tutti i mari e sulle terre lon-