di tutti i popoli non ancora progrediti nella civiltà, solessero rapire le fanciulle per farle loro mogli. Il ratto delle sabine, nelle leggende romane, è un esempio che calza. Presso noi il ratto è, come anche lo fu presso i Romani, una semplice finzione. Il Dorsa dice che mentre lo sposo s’incàmmina verso la casa della fidanzata, la porta di quella sta chiusa, per impedire che entri d’improvviso colui che viene a rapire la fanciulla. In torno alla pela devo ancora dire che in Piana essa solevi essere spezzata sul capo degli sposi nel banchetto nuziale. Nella stessa colonia, no n giorni prima degli sponsali, come dice il Crispi, ma poco tempo dopo, la suocera conduceva la nuora alla fontana per lavare, in altro giorno per attingere acqua, ed in altro al forno a cuocere il pane, per accostumarla a cotali servizi1 nella nuova casi del marito. È degno di nota quello che dice il Crispi alla fine del capitolo intitolato ¡Matrimonio nell’op. cit.; cioè che a Palazzo Adriano quando la sposa era condotta alla casa dello sposo veniva costretta a deporre il cognome proprio per assumere quello del marito. Mostrando essa in ciò vezzosa ripulsa veniva spinta con carezze e pa-rolette a dichiararsi : ma finalmente persistendo essa a non cedere, si passava a modi più aspri, e anche la mettevano nel fumo sino a che si determinasse. Acconsentendo finalmente, era condotta con immensa festa al pranzo e poi alla danza. 13) Ad un colpo di fucile che si spara ad un dato segno dei cantori, la porta, sforzata, si spalanca e con lo sposo due paraninfi entrando primi, con finta violenzi prendono per mano la sposa che trovano coverta dal velo, nel trono, in mezzo alle congiunte e alle cantatrici.— C. Marini. H) Cioè : Vieni alla chiesa perchè il sacerdote benedica il nostro matrimonio. 15) Questi due versi appartengono al carme nuziale pub. dal Camarda e dal De Rada ; dove le donne, continuando il rito, » rivolgono allo sposo e dicono : Se petrit, petrit i paar, mè ljèshó thelèszèn. 260 Njotta kekj, si m’e e rrèmbeve lot-$it lak gjiin i saaj. O tu sparviero, primo-sparviero, lasciami andare la pernice. Ecco tristamente, poiché l’hai afferrata, di lacrime inonda il bianco seno. 16) Gli uomini invitati, credendo che la ritrosia e la mestizia della sposa provenga da naturai dispiacere che essa prova nell’ab-bandonare la casa paterna, cantano questi versi rituali, che potrebbero anche riscontrarsi nel carme citato, là dove il coro delle donne dice alla sposa. Se nuse, ti motra jme, ti ponise szotin tènt. Le zakóneszit t<;e kee e mé mirr ati t$è t$on. O sposa, sorella mia, onora il signor tuo Lascia i costumi che hai e prendi quelli che troverai. 17) Kandreva non so se sia nome ovvero cognome di perso-na. Nel canto XXVII delle raps. D. R. si dice della sposa di un Kandreva rapita dai turchi insieme a parecchie altre signore alba- nesi. 261