PES - 256 — PES presso lo coste europee dell’Oceano Atlantico, nei mesi compresi tra i due passi (nell’epoca della riproduzione questo pesce non abbocca all’amo). Si usano semplici « lenze » oppure grossi «palamiti» (vedi queste voci). Pesca del corallo. - Questa pesca si ia mediante l’attrezzo chiamato « in-gsgno », trascinato dalle barche sui banchi corallini, oppure con i palombari. In Mediterraneo vi sono molti banchi di corallo : sulle coste del Mar Tirreno, in Sicilia, in Dalmazia, in Tunisia. Ma oggi il corallo è poco richiesto, sicché l’esercizio di questa pesca ch’era fonte di lavoro e di guadagno per qualche popolazione marittima italiana, è molto diminuito e poco redditizio (vedi « ingegno »). Pesca delle spugne. - Nel Mare Mediterraneo vi sono numerosi banchi di spugne e particolarmente abbondano nella Sicilia Meridionale, in Cirenaica, ed in Tunisia. La pesca delle spugne si fa in tre modi : 1° Facendo tuffare in mare degli uomini per raccoglierle. Si può dire che fino a quasi tutto il secolo XIX i pescatori di spugne s’immergevano a corpo nudo (sommozzatori) fino alla profondità massima di una cinquantina di metri, e compivano il loro lavoro rimanendo sott’acqua fino a due o tre minuti. Oggi questo metodo è ancora usato da pochi, perchè la maggior parte dei pescatori indossa lo scafandro comune da palombaro, oppure un semplice « respiratore » per la respirazione subacquea, chiamato fernez, che riceve l’aria da una piccola pompa. Per questo sistema l’unità autonoma di lavoro è costituita da due velieri, l’uno detto deposito, l’altro chiamato scafandro o macchina. Il deposito è un veliero a due alberi con vele latine, da 35 a 50 tonnellate di stazza che compie l'ufficio di base, cioè di magazzino dei viveri, attrezzi e spugne, e di alloggio degli uomini della spedizione. Lo scafandro è una barca a vela da 5 a 10 tonnellate sul quale è installata la pompa d’aria pel palombaro, e che trasporta quest’ultimo sul luogo dell’immersione (vedi « palombaro »). Questo sistema di pesca è in uso per fondali non superiori ai 60 metri. 2° Pesca con la gangava. - Con questo attrezzo dragante, rimorchiato da trabaccoli a cui si dà il nome di sac-coleva, è possibile pescare anche nei fondali dove i palombari non possono giungere, e si può anche lavorare con mare un po’ mosso (vedi « gangàva »). 3° Pesca con la fiocina. - Viene fatta con piccole barche a remi appoggiate ad un veliero base. Si può pescare fino ad una trentina di metri di profondità. L’asta della fiocina è lunga dai sette agli otto metri, ma può essere rapidamente allungata col legarvi successivamente altre tre o quattro aste fino a raggiungere la lunghezza suddetta. I fiocinatori sono abilissimi nel maneggio di questo lungo arnese. Per la mira, essi si servono dello « specchio », cilindro metallico di cm. 30 per cm. 40, avente una sola base in vetro. Lo specchio, immerso parzialmente, permette la visione del fondo del mare. PESCAGIÓNE o PESCÀGGIO. - Vedi « immersione » e « pescare ». PESCARE. — Questo verbo oltre che nel suo significato ovvio, è usato in Marina nel senso di essere immerso. Si dice che una nave pesca un certo nu-metro di metri e di centimetri, per indicare che la sua immersione è di tanti metri e di tanti centimetri (vedi « immersione). E naturalmente per chiedere qual’è l’immersione di una nave si usa sempre domandare quanto pesca. Da ciò ha origine l’uguaglianza di significato delle due voci immersione e pescagione. Il verbo pescare si usa nel senso suindicato solo parlando delle navi di superficie. Per i sommergibili si può usare ad indicare l’altezza della parte immersa quando essi navigano in emersione.