IL DIALETTO A VENEZIA 57 si conservava pure -s tinaie nella 2a singolare del verbo, amis viris : ora solo nel tipo interrogativo cre-dis-tu ? E una reliquia ladina ; ma il filone ladino che in origine aveva notevole importanza, si ridusse presto a ben poco, trionfando sempre più (e non in tutto riesce ancora ben chiaro il come) quell’ elemento del Veneziano che potremmo chiamare toscaneggiante. Nella stessa odierna Venezia l’Ascoli indicò come reliquie ladine i nomi S. Strie S. Eustazio o Stagio, e S. Stin S. Stefano, che in nessun modo potrebbero dichiararsi colla fonetica del Veneziano; e gli parvero “ quasi due sacri gonfaloni, piantati sulla laguna son forse quattordici secoli, che ancora vi spieghino inalterati i primitivi colori „. Ma se noi confrontiamo i testi antichi del dialetto Veneziano (o del Veneto e degli altri dialetti dell’alta Italia in generale) con quelli del sec. XVI e dei secoli successivi o col dialetto odierno, ci accorgiamo che mostrano differenze anche d’altro genere. Anzitutto fino al sec. XVI si scrive in dialetto perche o non v’ è ancora o non ha ancora del tutto trionfato una lingua letteraria italiana; dal sec. XVI in poi gli stessi scrittori dialettali considerano il dialetto come un modo d’espressione inferiore all’italiano e che al più può gareggiare con esso soltanto nello scherzo o negli argomenti non troppo serii. Per i primi, adunque, il dialetto è in corto modo la lingua letteraria, e mostra quindi la tendenza a raggiungere un tipo comune e ad abbandonare i caratteri troppo particolari ; pei secondi, che scrivono coscientemente in dialetto, è chiaro che un dialetto scolorito mancherebbe allo scopo, e perciò tendono piuttosto ad esagerarne che ad attenuarne le particolarità : si ricordino specialmente gli scritti che voglion parere contadineschi, in dialetto pavano, dei numerosi imitatori di Magagnò, Menon e Beyotto.