106 LA GLORIA DELL’ABTE spensierata, l’amore idolatra per la patria e l’ammirazione per la sua grandezza, ohe formavano il sentimento veneziano sul periodo della magnificenza, si rispecchiano nelle tele dei grandi pittori. Raffigurassero scene della storia sacra o fantasie mitologiche, componessero quelle particolari sacre conversazioni in cui ragrupparouo santi diversi, o illustrassero la vita di qualche personaggio, o qualche avvenimento del cristianesimo, era sempre Venezia che essi dipingevano, la loro Venezia, nei costumi, nelle espressioni, nella vanità rubiconda delle persone, nello splendore sfolgorante del colorito e dell’ ambiente. Così, tramandandosi d’ uno in altro la fiaccola della bellezza vivace, passano gloriosi nella storia della pittura Tiziano, Palma il Vecchio, Tintoretto, Paolo Veronese, e i loro discepoli, e, più personali, Lorenzo Lotto e Sebastiano del Piombo. Nè meno della pittura fiorisce nel 400 e nel 500 la scultura. La necessità stessa in cui si trovavano gli architetti di non dare grande vastità alle loro costruzioni ma di far però queste ricche e suntuose in rispondenza alla suntuosa ricchezza di Venezia, determinò quella abbondanza di ornato che contraddistingue l’architettura veneziana d’ogni tempo. Già nei monumenti archiacuti sovrabbondano i capitelli scolpiti e gli ornati. E sulla fine del 300 i fratelli dalle Maregne danno gloria a Venezia e il proprio nome alla storia dell'arte. Bartolomeo Bon e Antonio Rizzo, i fratelli Lombardi, Alessandro Leopardi fregiano delle loro opere il Palazzo Ducale nella Porta della Carta e nella Scala dei Giganti, e palazzi privati con statue e decorazioni, e chiese con monumenti funerari, Girolamo Campagna e Alessandro Vittorio fanno vivere nel marmo la realtà e dominano nella scultura, per tutto il 500. Ma al principio di questo secolo Alessandro Leopardo modellava i pilei di bronzo delle antenne di San Marco,