150 LA GUEERA SOTTOMARINA alla recisa volontà del Gabinetto di cui faceva parte di proteggere ad ogni costo il buon nome americano, e dopo che la Germania aveva fatto non sperarle semplicemente in una resipiscenza, ma aveva addirittura garantito formalmente che si sarebbe attenuta per l’avvenire alle convenzioni internazionali. Come tutte le crisi politiche avvenute durante il corso di questo mostruoso conflitto di popoli, le dimissioni di Bryan, ministro degli Esteri neutralista e germanofilo, fecero credere al mondo che affissava gli occhi su Washington che la politica di Wilson stesse per orientarsi in tut-t’altra direzione. Ma la politica americana continuò a sfruttare le note, abilmente secondata dalla diplomazia tedesca, la quale, per menare le cose in lungo, arrivò al punto di servirsi di corrieri per lo scambio delle comunicazioni, fra Berlino e l’ambasciatore Bernstorff, sotto il motivo specioso che non c’era altro mezzo più sicuro. D’altro canto sembrò che anche la Germania si fosse convinta e preoccupata del malumore esistente agli Stati Uniti, e parve rimproverasse all’ex ministro delle Colonie Dern-burg, ambasciatore «a latore», il modo con cui aveva svolto la sua campagna tedescofili} in America, tanto che lo richiamò in patria. Così negli Stali Uniti s’incominciò a credere senz’altro di essere proprio sulla via del trionfo diplomatico. E quando, nei primi di settem- LA GUERRA SOTTOMARINA 151 bre, l’ambasciatore Bernstorff, col ramoscello d’ulivo e un memorandum pieno di promesse fra le mani, si, presentò a Lansing, successore di Bryan, a recitare il me poenitet in Inome del suo Governo, ogni buon americano gridò ad alta voce che il suo paese, senza spargimento di sangue, aveva riportato la più grande vittoria di tutta la guerra. Aveva — furono queste le parole — costretto la Germania a piegare. E si vociferò anche che. von Tirpitz, il fautore della campagna dei sommergibili, si fosse dimesso. Invece non era affatto vero. La Germania si era tanto piegata che un suo sommergibile, pochi giorni dopo, affondava YHcsperian. Ma è un po’ azzardato dire senz’altro: «un suo sommergibile». La stampa tedesca si mostrò irritatissima di questa leggerezza di linguaggio e asserì invece che la colpevole doveva essere stata una mina. Doveva, capite bene. Perchè si dimentica che sott’ acqua ci sono anche le mine ? E le mine, Dio buono, sono cieche. Che se poi, dato* che tutto è possibile, fosse stato veramente un sommergibile a mandare la nave a fondo, allora si era già pensato al rimedio: l’addetto navale tedesco a Washington dichiarò che il comandante del sommergibile poteva non essere informato della nuova politica di Berlino. Come se nel 1915, dopo due anni che la radiotelegrafia è stata ©sperimentata coin successo a bordo dei sommergibili inglesi, si potesse ere-