l'imperatore nell'alleanza; e pressò e fece da altri pressare, ed in ispecie da Clemente XI, la corte di Madrid, se non a dimettere, almeno a differire ad altro tempo migliore l’esecuzione de’suoi progetti. Carlo VI però e l’arbitro del gabinetto di Spagna Cardinal Alberoni e-rauo egualmente inflessibili alle rimostranze; e la repubblica ripugnante dovette contentarsi di trattar la pace in comune col proprio alleato, partecipando alle conferenze intimate a Passarowitz, ed inviandovi suo plenipotenziario Carlo Ruzzini dipoi doge, uomo di gran dottrina politica e negoziatorefortunato del-l’anterior pace di Carlowitz. Questa pace colla Turchia vivamente caldeggiata dal-l’imperatore, onde poter più vigorosamente opporsi al compimento delle mire spagnuole, perciò veniva da’suoi ministri assai allrettata,piùche non sarebbesi desiderato dalla repubblica; la quale intesa al conquisto di Dulciguo, fin da principio raccomandava al Ruzzini di possibilmente trarre in lungo le trattative. Se non che, lo zelo ognor crescente degli austriaci per affrettarle, fece sorgere il non infondato timore ch’essi concludessero il loro trattato particolare, per cui il senato ordinò al Ruzzini di non ostinarsi a que’ patti in cui i turchi mostrassero decisamente di non voler consentire, Se a Carlowitz la repubblica ralle-gravosi pel nuovo acquisto della Morea, a Passarowitz dovea invece rinunciare ad ogni diritto sulla medesima, e lamentare iuoltre la perdita dell’isola di Tine, e delle forti piazze di Spinalunga e di Suda, ultime reliquie del suo antico dominio sulla grand’isola di Candia, nella pace per essa superiormente narrata; le quali piazze non senz’importanza giovavano a mantener nell’ isola la ricordanza del uome veneziano, ed in caso di guerra potevano agevolarne il ricupero. Assai beve conforto traeva la repubblica dall’acquisto di poche squallide e diroccate castella, con angusto e sterile territorio nella Dalmazia e nell’Albania, e d«i. piazze conquistate sulla costa d’Ev dallo Schoulembourg. Qui l’autore pone a’detrattori della repubblica , . preteso suo malgoverno della Dalmata e altri paesi oltremarini, l'alletto mede simo de’ loro abitanti pel nome veneiia-no, specialmente de’dalmati, di cui non è ancora interamente estinta la meino-ria. Siccome i detrattori si fondanomi-l’autorevoli parole contenute oeU’opo scolo : Degli im/uisitori da t/xilir i l( Dalmazia, Orazione di Diarco Fosca-rini cavaliere e procuratore, detta nel Maggior consiglio il giorno 17 direni-bre 1747. Venezia pel Picotti 18J1 ; spiega come debbonsi intendere, e riporta quindi il discorso pronunciato in Pe-rasto al cader della repubblica dal capo della comunità,quando il popolo con pu ceretnonia volle seppellire l’amato vessillo di s. Marco con onorata e gloriosa tomba, dopo averlo venerato 377 anni, e custodito combattendo per terra e per mare. >• Fermata così a condizioni noa buone la pace, non già per difetto di buone armi, di spiriti generosi, di robusti consigli,ina per forza d’indeclinabile necessità; la repubblica non poteva nonav-vedersi, che tra perla diminuzione delle forze, naturai conseguenza dell’ioipic-ciolito dominio, e per la declinazione 0-gnor progressiva del suo già così invidiato commercio ; dell’antica veneziana potenza ormai poco più rimaneva che la gloria e il nome. Perciò abbracciava essa quella politica che sola era da lei praticabile in così fitta condizione di cose ; e poneva a base fondamentale del suo contegno cogli esteri la conservazione della pace con tutti: la quale non èchi ignori quanto debba anteporsi al fugace bagliore de’ guerreschi trionfi, e quanto più gagliardamente influisca al rifiorimento delle nazioni. Ed in fatti chi poo-ga mente, anche solo per poco, all’ angustia continua in che star dovevano 1 vcueziaoi circa i pensieri de’turchi, iqua-