risposto a’ legali di Papa Innocenzo VI, zelante d’accomodare ogni vertenza. Restale le trattative interrotte, i genovesi incendiarono Lesina e Curzola nella Dalmazia, presero e devastarono Parenzo ; ed i veneziani inviato il Pisani colla flotta nell’acque di Sardegna,spaventati dal pericolo munirono la capitale, e tesero una forte catena di ferro al porto di Lido, preparandosi alla grande guerra imminente. In mezzo a tanti travagli, a’ 7 settembre 1354 successe la morte del doge Andrea Dandolo, giustamente compianto. Ebbe tomba nella cappella del Battisterio di s. Marco, con onorevole iscrizione, diversa però da quella che gli avea preparato il Petrarca, e come già dissi fu l'ultimo doge ad esser tumulato in quella basilica, per divieto del senato non concesso agli altri. Dotato di rara acutezza e di non meno raro sapere, egli si rese illustre pe’ servigi resi alla patria ; solo alcuni gli rimproverano la tenacità nella guerra contro Genova, per la quale non molto dopo Venezia fu minacciata dell’ estrema rovina. Del suo valore letterario restano le cronache, che sono tra le migliori e veridiche fonti della storia veneziana, dettate in latino. In quest’ idioma si continuava a compilar le leggi, delle quali il Dandolo fece eseguire una nuova Piaccolta in seguito a’ 5 libri dello Statuto di Jacopo Tiepolo, col nome di Sesto libro dello Statuto, poco dopo tradotto in dialetto veneziano, poiché l'uso della lingua latina andavasi sempre più perdendo tra il popolo. Le nuove correzioni alla Promissione ducale, sempre più restringendo il potere dei doge, ordinarono non potesse ascoltare ambasciatori, nè oratori, nè delegati dal comune reduci dalla loro missione, se non in presenza di 4 consiglieri e di 1 capi della Quarantia ; non potesse vendere i suoi imprestiti, cedere le sue gravezze : vacante il ducato o impedito il doge per malattia dall'attendere alle faccende dello stato, amministrassero i con- p. 11; 145 siglieri insieme co’capi della Quarantia, rimanendo sempre due de’ primi e uno de’secondi in palazzo e scambiandosi ogni settimana; l'anziano firmasse in nomee come luogotenente del doge. Raccoltisi quindi per morte del Dandolo i quaran-tuno, avanti di procedere all’elezione furono invitati a promettere,che eleggendo alcun nobile assente, noi pubblicherebbero fino al suo ritorno sotto pena di li* bre 1000, e subito avvenne il caso nella elezione del seguente. 14. Marino Faliero LVdoge. D'u-na delle più antiche e illustri famiglie* di somma attività, pronto e facondo parlatore, era stato fra gli elettori del doge Soranzo, più volte podestà, rettore, ambasciatore, provveditore, fatto cavaliere da Carlo IV, e trovavasi ambasciatore in Avignone a Innocenzo VI, a trattar la pace cogli ambasciatori di Genova (il Mulinelli lo dice ambasciatore in Roma presso il celebre legato d’Italia Cardinal Albornoz d’ Innocenzo VI), quando fu eletto doge l’i 1 settembre 1 354- Tenuta segreta la sua elezione, e governando intanto i consiglieri e i capi della Quaranta, fu tosto mandato il segretario Ste-fanello ad annunziargli la scelta che la pall ia avea di lui fatta a suo principe, e a sollecitare il suo ritorno. Giunto il nuovo doge a Verona trovò ad onorarlo 12 nobili veneti, e fece il suo ingresso a Venezia a’ 5 ottobre con funesti auspicii, perchè lauta e sì densa era la nebbia, che incontrato a Chioggia coni5 garza-ruoli e condotto con innumerevole seguilo di barchette a Venezia nel Bucintoro, questo non potèavanzare, e fu d’uopo che il doge e tulio l'accompagnamento entrassero in cillà nelle piatte. Dicesi pure, che in vece d’approdare alla riva della Paglia, la barca prendesse terra alla Piazzetta fra le due colonne, luogo infame pe' giuochi, poi per le sentenze capitali. Forse si sparse tra il popolo questa narrazione dopo la morte del doge, alludendo a quel funesto presagio il tra- 10