7°4 dato alla Francia 3 vascelli e 2 fregate armate ed equipaggiate, 20 quadri e 5oo manoscritti a scelta del generale in capo. In compenso il governo francese prometteva la sua mediazione per terminare prontamente le questioni insorte tra quello di Venezia e la reggenza d’Algeri Questo trattato dunque supponeva l’esistenza della veneta aristocrazia e del suo maggior Consiglio, che avea col doge poc’anzi abdicato, e da esso dovea essere ratificato, mentre gli stipulanti sapevano che non più esisteva, ed il principale di essi sapeva per di più che lo stato veneto lo avea fino dal 18 aprile ceduto ad altri, e dispostone come di roba sua; ciò che in eterno farà lo stupore de’ posteri. I municipalisti di Venezia perciò trovaronsi angustiali, e molto discussero prima d’appigliarsi al mezzo semplicissimo di sottoscriverlo essi medesimi. All’opposto Napoleone dell’ostacolo appunto godeva, imperocché nel partecipare il trattato al direttorio avea manifestato chiaramente che nel concluder- lo avea soltanto avuto per iscopo: » Di entrare a Venezia senza difficoltà, avere l’Arsenale, e col pretesto dell’esecuzioue degli articoli segreti poter prendere tut-tociò che convenisse. Essere inoltre in situazione di poter disporre di quanto vi era nel territorio veneto nel caso che non si facesse la pace coll’imperatore Francesco II. Non trarre in tal guisa sulla Francia l’odiosità delle violazioni convenute ne’preliminari diLeoben relativamente al territorio veneto, e nel tempo stesso aver pretesti e mezzi per facilitarne l’esecuzione”. Quando giunse a Venezia il tratta-» to, che lasciava sperare alla repubblica una salvezza pagata con sì grandi sa-grifizi, le cose non erano più in quello stato in cui l’aveano lasciate i negoziatori, sulla base delle quali aveano stipulato. Al generale in capo deH’armata d’Italia, di già padrone di tutta la Terraferma, rendevasi necessario il possedimento del capoluogo della repubblica, per pute- re stipulare in forma più vantaggiosa le condizioni di pace da lui intavolate coll’Austria. Con tale mira egli dovea desiderare che gli venisse da una rivoluzione agevolato il suo ingresso a Venezia; ma mostrò spiacergli la precipitazione del segretario Villetard, che profittando dell'assenza del suo capo Lallemant, uomo moderato , avea colto l’occasione di segnalare il suo zelo focoso col signoreggiare gli spiriti egli avvenimenti. E di fatti Villetard erasi posto alla testa degli uomini esaltati del paese, di quelli cioè eh’erano impazienti di rovesciare il vecchio ordine di cose, in forza del quale e rano state lungamente compresse le loro ambiziose e turbolenti passioni. Del resto il trattato fu ratificato per parte del governo interinale di Venezia, ma il governo fraucese non si curò mai di approvarlo! Tanto attesta il cav. Coppi negli Annali d’Italia. A compimento del dramma, asserisce F^rfe di verificare le date, che mentre a Venezia non più sussisteva il governo contraente a Milauo a’ 16 maggio, in questo stesso giorno a Parigi, per singoiar coincidenza, il direttorio decretò che 1’ ambascialo!- veneto dovesse immediatamente partire dalla Francia: di guisa che a Parigi si dichiarava la guerra, a Milano si segnava la pace, ed a Venezia si compiva la rivoluzione, tutto in un medesimo giorno! Anzi mentre il direttorio concedeva perdono ed amnistia a tutti quelli che aveano preso parte a’ vari attacchi contro 1’ esercito francese, il governo interinale veneto era incaricato d’ultimare il processo de’3 inquisitori Barbarigo, Gabrielli e Cornaro, e del Piz-zamano! Laonde iquinqueviri di Parigi, il loro generale in capo d'Italia, il segretario di legazione a Venezia, lavoravano tutti sopra piani differenti. Secondo pure FArte di verificare le date, Napoleone ancora si ricusò di ratificare il trattato di Milano colla pretesa, che avendo cessato d’ esistere il mandante , non vi fosse più nè mandatarii, nè mandalo. E