do fuori d’essa irragionevole è ogni credenza, perduto ogui vero uso di sagra-menti. Chiudendo l’autore la sua dotta orazione, manifesta coti accese parole il voto del cuor suo che la Chiesa Cattolica trionfi in tutto il mondo, e la speranza che questo trionfo sia affrettato dall’ossequio che la Chiesa Cattolica rende a Maria ss. Immacolata”. Ma si riprenda l’interrotta narrativa. Nella cattedrale di s. Pietro, il patriarca Antonio II eresse neli5i6 le cappelle del ss. Sagramenlo, e di s. Croce in Gerusalemme e già di s. Martino, alla quale col consenso del capitolo, unì le rendite di s. Martino di Bibiano nel territorio di Sacile, e dipendente dal patriarcato. Quasi rifabbricò da’fondamenti il palazzo patriarcale, e nella sala massima vi fece dipingere la serie de’vescovi di Olivolo e di Castello, e de’patriarchi di Venezia, però inesatta per la necrologia storica. Ora non più esiste, essendo il palazzo quasi da mezzo secolo mutato in caserma militare. Quanto fu benemerito della riforma de’rilassali monasteri delle religiose, lo narrai uel § X. Terminò sua vita a’ 7 ottobre ■ 524, e fu deposto nel sepolcro da lui costruito nella cappella di s. Croce. Benemerito pastore, le sue virtù lo resero meritevole che si avesse in concetto di santità, e perciò onoralo del titolo di Beato nel catalogo de’ Santi veneziani del patriarca Tiepolo. —- Fr. Girolamo Quirini XIpatriarca. Da priore domenicano a’2 1 ottobre i5a4 fu preferito dal senato ad altri 37 concorrenti (!), che vi si erano fatti inscrivere, al patrio patriarcato. Clemente VII non solo l’approvò a’10 febbraio 13 25, ma gli concesse di poter disporre delle rendile del patriarcato per un biennio, ancorché in esso morisse. In quest’anno insorse grave differenza sull’elezione del vicario perpetuo di s. Bartolomeo, pretesa da’ parrocchiani e favorita dal governo, a’quali convenne cedere al giudizio della s. Sede. Durante la lite, e per tal caso, il governo 84i implorò dal Papa la bolla Atl sacrarli b. Pelri Sederti, de’7 febbraio i526, presso il Cappelletti colle altre che accennerò, colla quale confermò il padronato de’parrocchiani nell’elezione dei curati della città, provvedendo pure al-l’istituzione de’ titolati e de’titoli beneficiali. Il patriarca avea proibita la celebrazione della messa negli oratorii domestici, non ostante gl’ indulti apostolici, per cui i sacerdoti regolari a lui non soggetti portandovisi a celebrare pregiudicavano notubilinente il clero secolare. AllelagnanzecorrisposeClementeVll con lettera 1 1 dicembre 1 539, autorizzando i parrochi e sacerdoti di Venezia a celebrare iti tali oratorii al bisogno. Il patriarca, tenace osservatore de’ sagri canoni, per l’asprezza de’modi co’quali 11’esigeva l’esecuzione, incontrò il male umore di molti e dello stesso governo, per cui il Papa con lettera degli 8 gennaio 153 1 l’esortò alla dolcezza e alla mansnetudine. Ciò non bastò a moderare l'indole dura del prelato, anzi cupido di dilatare i diritti della sua sede, spesso negava a’patroni l’esercizio de’loro diritti nelle nomine de’ benefizi. Per le frequenti discordie e disturbi che ne conseguirono, il governo ricorse a Clemente VII, e questi vi rimediò culla bolla Ejcponi nobis, de’3o maggio i532, in cui riconfermate l’antiche consuetudini diocesane, ordinò che se il patriarca si fosse ricusato concedere le licenze per l’elezione de’pievani e de'titolati, o di confermare gli eletti, supplisse il nunzio a-postolico residente in Venezia, e in sua assenza il primicerio di s. Marco, a cui intanto commise l’esecuzione della bolla. Ma tutte queste determinazioni pontificie, anziché promuovere la desiderata concordia, furono occasione di altre contrarietà, e uon più tra il patriarca e il clero, bensì tra il prelato e il nunzio a-postolico, perchè questi il più delle volte per apostolica autorità annullava ciò che il patriarca di suo diritto ordinario