(lo dal Romanin. Il doge Maurizio ebbe dalla corte bizantina gli onori e il titolo d’Ipato; e divenuto ormai vecchio, tanta era la fiducia e 1’ amore in lui posto da’veneti, che nel 777 (al dire ùe\VArie di verificare le date, epoca non sicura perchè in tale anno col Dandolo fa morire il doge), imitando l’uso frequentissimo di Costantinopoli, gli permisero d’associare nella ducea Giovanni Galbajo suo figlio; rendendo cosi, quasi senza volerlo, perpetuo nella famiglia Galbaja il reggimento della repubblica, e monarchico il potere de’dogi; e allora è probabile che avessero fine que’tribuni annua- li, i quali si erano aggiunti al precedente doge Monegnrio, secondo il cav. Cicogna. Questa è la 1." volta che i veneziani avessero contemporaneamente due dogi ; esempio che produsse in seguito perniciosi elfetti, dice il Muratori. Finalmente dopo circa 23 anni di glorioso principato cessò di vivere Maurizio nel 787. —Giovanni Galbajo FUI doge. Defunto Maurizio nel 787, solo rimase sul trono il figlio Giovanni, il quale sciolto da’riguardi paterni cominciò poco dopo a spiegare le sementi di que’ vizi che fino allora aveva saputo dissimulare. Principe avido, violento, dissoluto, in g anni di tirannide altro per avventura di buono non procacciò, se non la conferma del trattato de’confini tra’veneti e i longobardi, già per I’addietro concluso, e pare che sia quell’accordo fra’greci e i franchi di cui poi parlerò, nel quale i primi tutelarono gl’ interessi veneziani. A rendere piti grave il suo reggimento, ricercò e gli fu permesso di associarsi il figlio Maurizio, il quale dissimulatore delle proprie turpitudini infìuo a quel punto , ne fece mostra in sul trono , gareggiando padre e figlio nelle crudeltà e nel-l’infamia. Ambedue recatisi a Grado, dopo aver ingiuriato e fatto battere il venerabile patriarca Giovanni sunnominato, per ricusarsi di consagrare a vescovo d'Olivolo il giovinetto grecoCrislo- 4> foro, per propendere al partilo de’franchi, e pe’rimproveri co’quali biasimava l’abuso d’autorità e la loro scostumata vita, lo fecero miseramente precipitare da alta torre da’sicarii, i di cui muri furono aspersi del suo sangue. L’ab. Cappelletti chiama feroci tiranni i due dogi, dice avvenuto il barbaro fatto nell’802, e che il solo terrore potè contenere il popolo irritalo a vendetta. A soffocarne l’ira i dogi elessero patriarca Fortunato nipote dell’ucciso, il quale accettò la dignità con brama interna di vendicarsene. Frattanto nell’ 800 da Papa s. Leone III era stato ristabilito l’impero romano d’Occidente, proclamando e coronando in Roma imperatore Carlo Magno, re de’franchi potentissimo per vaste conquiste e benemerentissimo della Chiesa. Narra il eh. Piomanin, che nel-l’isole venete andavasi estendendo il partito a favore de’franchi, animato dal prestigio del nome del grande imperatore e dalla considerazione de’maggiori vantaggi commerciali che avrebbero potuto derivare daU’averlo amico e protettore, anziché sfavorevole, a causa degli antichi legami della repubblica coll’impero greco. Dall’altro canto il partito contrario considerava i fi anchi nemici, e continua-mente meditare la rovina de’ veneziani, come chiaro mostrava la flotta, che correva voceaver fatto costruire a RavennaPi-pino re d’Italia, l’esclusione dal commercio della Pe.ntanoli, e ritenere in pericolo le nazionali libertà pel partito favorevole allo straniero. Gli animi s’inasprirono per modo che il doge Giovanni, colla opportuna occasione,fece allestire una squadra di navigli armati, e la mandò con Maurizio a Grado ad abbattere il detto patriarca Giovanni, secondo il racconto delPiomanin, e fu allora gettalo dalla torre del palazzo; e poi per dare qualche soddisfazione al fremente partito dell’ucciso fu sostituito il nipote di grande ingegno, ma scaltro e dissimulatore. In questo tempo si pacificarono Carlo Magno