con altri attrezzi mortuari, e qua e là dispersi piccoli ferali con persone parimenti qua e là sedute in vesti nere: sicché a queU’orrida vista ebbe a spaventarsi; e Ji più gli venne fatto di sentire da quel- lo che sedeva in trono queste precise parole. Sospendiamo, o fratelli, il nostro congresso, perche; noi siamo osservati. Che inoltre scuoprì,che in quella stanza, effettivamente a ridosso del pergolo, era-vi il suo ai merone. Che lasciati in costernazione gli abitanti di quel i.° appartamento, egli tutto spaventato e sorpreso dalla novità degli oggetti , supponendo bonariamente che ivi si facessero stregherie e opere del demonio, si portò scanda-lezzato dal parroco di s. Simeone profeta suo confessore, ed avendogli esposto il da lui veduto , sentito e osservato, lo consigliò n dover tosto palesare al governo tutto. Così fece il buon uomo col segretario degl’inquisitori distato. Fu dunque in quella stessa mattina 6 maggio data commissione da quel supremo tribunale che ivi si trasferisse il fante Cri-slofoli, accompagnato dal capitan grande, e compagnia di 24 uomini. Entrato questi nell'appartamento, vi sorprese un nobile soggetto, che di quel luogo ne faceva la guardia, e scuoprì una loggia di liberi muratori settarii. Soggiunge quindi il conte Dandolo, da questa Relazione apparirebbe dunque pienamente favoloso il racconto del cav. Mulinelli : ed il Zulian. che non era uomo avventalo, la cui balordaggine avrebbe dato causa alla scoperta della loggia, non ci sarebbe entralo nè punto nè poco, poiché egli il bailo trovavasi allora a Costantinopoli. La scoperta invece sarebbe «fletto della maggior vigilanza esercitata in que’giorni per cagione di sospetti fatti nascere dall’incendio poco prima sviluppatosi all’arsenale; e questa è certo cosa molto più facilmente credibile. Nè punto gioverebbe a screditare questo racconto mettere in dubbio la verità della denuncia fatta dal rnarangon. 11 conte Dandolo 667 non ha difficoltà di concedere, se vuoisi, che questo aneddoto sia una di quelle solite code che facilmente si appiccano,per fini o sciocchi o malvagi, anche a fatti in sostanza verissimi. In mancanza di prove migliori, il cauto scrittore, crede che l’incendio dell’arsenale fece scuoprire quella conventicola di settai iijed a vvertechecan-cellò dalla Relazione il nome del patrizio che avrebbe ordinato l’armeron ; poiché, ponendo in dubbio la verità di quel fatterello adontade’suoi particolari, non credette pubblicarne il nome. « Qu into più si va ripescando in quest’affare deliberi muratori, e tanto maggior certezza si acquista, che tolta l’esistenza e la scoperta della loggia, tutto il resto è incertissimo. Oltre il Catalogo de’liberi muratori stampato dal Mulinelli, e quello che si conserva presso la Raccolta Correr, ne esistono ben molti altri, e non pochi ne possiede il cav. Cicogna. Ma èappun-to la gl ande diversità dei nomi che vi si leggono che toglie loro ogni fede. Il processo allora fattosi dagl’inquisitori di stato, qualunque ne sia stata la causa, venne a smarrire; e quindi tutte queste notizie ci pervengono da fonti più o meno impure. A che dunque tentare su queste basi di diffamare presso la posterità uomini che forse non hanno macchia?” L’encomialo scrittore p. Bresciani, nel libro ricordato di sopra, racconta: » Qui il veneziano, ch’era un gentiluomo saliti- lo e ne’segreti deil’uiuaua perfidia ben e-sperto, venne con ammirabile precisione scorrendo per tutte le trame de’repub-blicani per ¡spinger Venezia nel baratro della sua perdizione; e cominciò a contare le sollevazioni de’giacobini istigale dai generali francesi a Bergamo, a Brescia,a Crema, sul lago di Garda, e poscia a Padova, a Vicenza, a Treviso e in molle altre città e terre della signoria, nelle ((nu- li i villani fedeli a s. Marco azzuffandosi co’giacobini, e facendo con esso loro alle schioppettate, più volte le palle, che uscivano dagli archibugi senza occhiali,