I IO lenne, fu ordinato e approvato che il ga-stalilo ducale dovesse giurare pel popolo di avere in conto di doge e rettor di Venezia, quello che gli elettori annunziassero siccome eletto giusta i capitolari,fatti, Ietti e ordinati nel consiglio minore e maggiore, e approvati nella pubblica conclone. Fu dato giuramento di ubbidienza da tutti gli abitanti di Venezia, e furono tutti scritti in un libro, col nome pure del sestiere e della contrada a cui appartenevano per abitazione, e senza distinzioni di nobili e di artieri. Quindi ser Marco Zeno consigliere, di consenso de’ presenti colleglli, recitò la forinola del giuramento, e il gastaldo Domenico con licenza del popolo, giurò sull’anima di tutti, e sui ss. Evangeli, a tenore dello stabilito. Allora il nobile ser Pietro Fosca-l'ini, uno degli elettori, annunziò la nomina di ser Renier Zeno, che a quel tempo trovavasi a.0 podestà di Fermo (questa illustre città del Piceno alleatasi colla repubblica di Venezia ne riceveva i più cospicui cittadini per podestà). Approvala clamorosamente dal popolo la scelta, 4 galee comandate da Marino Zane si spedirono colà a levarlo e condurlo a Venezia, ove con onorevole incontro di barche, sommo applauso e grande festa fu ricevuto, assumendo la dignità a’ 18 febbraio. Una solenne giostra o torneo fu data in quell’occasione sulla piazza di s. Marco, in appresso, cioè nel 1 255 circa, dice il cav. Cicogna , scoppiò fra’ veneziani e i genovesi la guerra, con funeste conseguenze per la sua lunga durata. Gli uni e gli altri avevano quartieri ne’prin-cipali porti della Palestina, ma in s. Giovanni d’Acri o Tolemaide eravi una sola chiesa per le due nazioni dedicata a s. Saba. Ora i genovesi pretendevano averla tutta in loro potere, ed i veneziani sostenevano di tenerla in comune; e mentre pendeva il giudizio di Papa Alessandro I V,che i veneziani avevano scelto per componitore della discordia, i genovesi se ne impossessarono di fatlo,e tale fu il mo- tivo della guerra. Il prof. Romanin con qualche variante racconta l’avvenimento del principio della guerra veneto-ligure. Genovesi e veneziani aveano adAcri quartieri separati, ma per la chiesa di s. Saba insorsero deplorabili questioni. Mentre giunse il bailo Marco Giustiniani, munito di lettera del Papa al patriarca, che mettesse i veneziani in possesso di quella chiesa, i genovesi mostrarono altra lettera del priore degli speda 1 ieri che a loro ne avea conferita la proprietà. Per un altro incidente, nato grave tumulto, i genovesi si gettarono a furia sulle navi veneziane che si trovarono nel porto e le spogliarono, nè quietati dal loro console Sirnone Vento si spinsero fino nel quartiere veneziano e vi diedero il sacco, commettendovi stragi ed incendi.11 bailoGiu-stiniani si affrettò mandare a Veneziano-tizia dell’accaduto, e il doge inviò quindi a Genova suoi legati lagnandosi del sopruso e chiedendo soddisfazione; ma non avendo potuto ottenerla, furono fatti grandi apparecchi di 13 navi, con cui partì prestamente Lorenzo Tiepolo alla volta di Acri. Co’ veneziani erano i pisani, i provenzali, i marsigliesi; i genovesi erano sostenuti dal duca Filippo di Monfort signore di Tiro, da’re di Gerusalemme e d’Armenia. Venne a proposito il Tiepolo, poiché poco più che avesse tardato, il Giustiniani sarebbe stato costretto a lasciare la città. Spezzata la catena del porto di Tiro, predò ed arse le 33 navi genovesi, poi a vendetta di quanto questi a-vevuno fatto a’veneziani, penetrò nel loro quartiere e il fece incendiare. Restava ad espugnarsi il castello Mongioia, ed anche questo dopo lunga resistenza fu preso nel 1256. Allora i genovesi domandarono una tregua, che fu concessa per due mesi. I veneziani ricuperarono la chiesa coll’annesso monastero di s. Saba, e li distrussero. Furono trofei, dicesi, della vittoria del Tiepolo il tronco di colonna di porfido che posta all’angolo della chiesa di s. Marco, verso la Piazzetta,