27Ì rio «InI vescovo di Tivoli che In "ente non s’è levala di Romagna, e sappiamo die la signoria tiene pratiche in Cesena, ed ha già nvulo il luogo di s. Arcangelo eh’è della Chiesa insieme con Monleiìore e il porto Cesenatico. Non abbiamo gente nè denaro da farvi guerra, ma ci dorremo a’ principi cristiani, ed invocheremo l’ausi • lio divino, che quello ne aiuti essendo cose sue”. Poi a’io gennaio i5o4 mandò al doge Loredano una bolla esortatoria, il tuono della quale era ancora abbastanza benevolo, ed eccitando i veneziani alla pronta restituzione de’luoghioccupati, sosteneva essere suo dovere di ricuperare le terre della Chiesa e volerlo adempire. Ma la repubblica dal canto suo non si lasciava smuovere,sempre erroneamente sostenendo non aver toccalo alle terre d’immediata giurisdizione del Papa. Ma tanto queste che l’alt re, erano e sono sovranità e principato temporale della s. Sede. Se questa con investiture l’avea date in vicariato con censo e giuramento ili fedeltà; se questo censo l'offriva pure Venezia,ciò prova che riconosceva la supre-ma sovranità della romana Chiesa,la quale poi come signora poteva o riprenderle, o darle in investitura liberamente a chi più le piaceva. Nè la repubblica, nè qualunque altra potenza poteva esigerle, se non colla prepotenza dell’armi e collo spoglio. Eppure, pare impossibile, il doge avea già risposto alid amente al nunzio apostolico, però come esprimendo il suo pensiero particolare: Che nini si renderla delle lene se dovessimo spendere fino le fondamenta delle nostre rase II Così le due parti ogni dì più inacer-bivansi, Venezia con sostenere ingiuste pretensioni , il Papa col doverosamente difendere i diritti di s. Chiesa, ed erano d’altendersene, per colpa della prima, deplorabilissimi effetti. Il Valentino fu spoglialo dcH’usurpate terre e delle ricevute dal padre suo, fu messo nella torre Borgia del Palazzo apostolico Valicano, già ricettacolo di tanti miseri caduti in ma- no delle sue barbarie. Ma ricusandosi i suoi'castellani di consegnare le fortezze, si trovò il ripiego di consegnarlo iu ma no del Cardinal Bernardino Carvajal,ed inviarlo nella rocca d’Ostia per poi rilasciarlo e condurlo in Francia. Appena il cardinale seppe date le fortezze a’ ministri pontifìcii, nell’aprile i5o4 lo lasciò fuggire a Napoli, donde a’27 maggio venne a istanza di Giulio II mandato prigione nella Spagna, ed evaso dalla rocca di Medina andò a morire in Navarra in un combattimento di suo cognato, lasciando esecralo il suo nome. Dice il Muratori, e Nicolò Macchiavello, che prese a lodare, non che a difendere un tiranno sì detestabile,di troppo anch’egli oscurò la sua riputazione,ed aggiunse questo a tanti altri reati della sua penna. Ne’tanti luoghi ove parlai di Cesare Borgia,in parie ricordati, dissi del motto da lui poslo nelle sue insegne,che diceva: O Cesareo Niente. Ma il forlivese Andrelini fece un distico in cui disse essersi il motto verificato in ambe le parli, poiché il duca Valentino fu Cesare e Niente. A perpetua infamia del Valentino, restano intanto i notissimi epigrammi del Sannazaro. In questo tempo, i redi Francia e Spagna stanchi di guerra fecero tregua a’i3 marzo i5o4; però ben prevedevasi che non sarebbe a derivarne la quiete d’Italia, nella quale i detti due re e l’imperatore minacciavano ad ogni istante ili scontrarsi; e l’indole bellicosa di Giulio II, e l’ambizione veneziana preparavano nuove e grandi sciagure, accelerando Venezia colla sua ostinazione la progressiva sua decadenza. Infatti appena conclusa la tregua fra la Spagna e la Francia, il redi questa Luigi XII rannodò nuove pratiche con Massimiliano 1 pel maritaggio di sua figlia Claudia con Carlo nipote del-l’imperatore, per ridurlo al termine del trattato rimasto sospeso dall’insorle differenze, ed il Papa vi prese parie. Subito la repubblica n’ebbe avviso da’suoi o-ratori, e che Giulio lì fortemente lagna-