a8o nitori,da umili case e infimi abituri, pervenuta col divino aiuto a tanta altezza, clie mosse l’odio de’principi, ingrati a’ suoi beneficii, massime il re di Francia, pei' marciare alla testa de’suoi nemici, e richiamato l’ambasciatore, per torre lo stato. Esortò pregare Dio, emendale i corrotti costumi, fare giustizia, procedere nell’elezioui senza broglio , e di concorrere tutti colle sostanze e la vita a conservare un bello stato e la libertà. A darne peli.” l’esempio, dopo il banchetto del giorno di s. Marco, metterebbe i suoi argenti alla zecca, facessero gli altri lo stesso. Quindi lutto fu movimento di guerra. Già erano penetrate le genti francesi sul territorio veneziano, le pontificie sulle terre di Ravenna e Cervia, avendo il Papa dichiarato capitano generale di s. Chiesa il prode nipote Francesco M.“ I duca d’Orbino. Allora la repubblica s’ appigliò ad ogni mezzo che le suggeriva la propria difesa, a’24 aprile eccitò il Dentivoglio al riacquisto di Bologna, ed a’5 maggio ordinò ad Angelo Trevisan capitano generale di danneggiare quanto più potesse le coste di Romagna. Già il Papa ¡11 conformità a quanto erasi impegnato co’suoicollegati, avea emanato a27 aprile 1 5og la sua bolla di scomunica contro la repubblica, cui tacciando d’ingratitudine siccome quella che cresciuta e fatta potente pe’favori, pe’privilegi e perfino pe’denari della s. Sede, era divenuta sì orgogliosa da recar molestia a’vicini e invaderne le terre, com’era avvenuto specialmente non ha molt’annidi quelle del duca di Ferrara feudatario della s. Sede, e di molte perfino alla medesima pontificai Sede immediatamente appartenenti; nè aver valso a ottenerne la piena restituzione, nè l’ammonizioni papali, nè gli uffizi di Cesare; oltre a ciò aver essa repubblica ricettato i ribelli Bentivogli di Bologna, aver posto impedimenti alle nomine pontificie n’vari vescovati e benefizi ecclesia-ilici; voler essa render giustizia a modo suo agli ecclesiastici, non dar corso «’rescritti apostolici, non tollerar legge uè co -mando. E mentre egli, il Papa, sforzava si a ridurre a pace tutti i principi cristiani e unirli in una lega generale contro gl’infedeli, essere a ciò ostacolo i veneziani, opponendo i principi non potersi indurre a combatter gl’infedeli, perchè mentre le loro cure fossero altrove rivolte, avrebbero potuto i veneziani profittarne per molestare i loro sudditi e invaderne gli stati. Laonde da tanto motivo eccitato, egli dava di piglio aU’armi temporali e spirituali e pronunziava solenne Scomunica e Interdetto ( V.) controtutto tostalo veneziano,se,ira a4s,01’_ ni, di tutto non tacessero emenda, permettendo a chiunque di muovere contro di loro e di spogliarli, e impedire il loro traffico e far loro insomma tutto il male possibile, rinnovando le scomuniche già contro i medesimi veneziani pronunziate da Clemente V e Sisto IV. Il governo veneto alla notizia di sì veemente bolla, profondamente addolorato e non perciò smarrito dell’animo, raccolse il collegio e il consiglio de’Dieci, nel quale venne deciso di non permettere la pubblicazione della scomunica, severamente vietaodo a ciascuno di riceverla, e deputando vigili guardie a staccare ogni cartello che trovassero sulle mura; indi inutilmente il senato procurò giustificarsi col Papa e co’cardinali, e deplorabilmente credendo evitare la conseguenza della sentenza, consultò poi co’dottori in teologia per fare un’appellazione al futuro conci- lio, non ostante le proibizioni surriferite di Pio li e Sisto IV, e fu deliberato mandarla in Ungheria al loro amico arcivescovo di Strigonia Tommaso Bakacz o Bacoezi, da Alessandro VI creato cardinale ad istanza del re e del senato veneto, che essendo patriarca di Costantinopoli (allora non lo era; leggo nella Purpurei Pannonica, p. 1 16, che il cardinale recatosi neli5i3 a Roma per l’elezione di Leone X , questi lo dichiaro pa-