288 sullo Imi seguenti (mentre nello stesso giorno stendevnsi nel Consiglio eie’ Dieci una protesta eli nullità ! dichiarando essere stala la repubblica violentemente ridotta a questa condizione. Ma che contegno è questo?!). Rinunzia va la repubblicaveneziana alla fatta appellazionu ad un futuro concilio per la scomunica contro di lei pronunciala dal Papa,ch’essa dichiarava giusta e domandava perdono d’averla provocala; non metterebbe più decim.e o altre gravezze sul clero; non s’impac-cierebbe nelle nomine ecclesiastiche, nè delle cause del clero che verrebbero giudicale soltanto dal foro ecclesiastico; lascerebbe il libero passaggio del golfo a’ sudditi papali, compresa nuche Ferrara ; non intraprenderebbe mai nulla nè palesemente nè occultamente (e la protesta?) contro il Papa ; sarebbero nulli lutti i trattali da lei conclusi colle città della Chiesa; non riceverebbe ribelli o profughi di Sua Santità; non si mischierebbe delle cose di Ferrara, spettante di diritto alla s. Sede; compenserebbe i danni recati a’ monasteri e a’beni ecclesiastici. Tutto riporta anche il Rinaldi all’anno i5io. Con questa sommissione pervenne finalmente la repubblica a staccare dalla lega il Papa,qunl padre comune, riammettendo nelle grazie della s. Sede i veneziani e nel seno »Iella Chiesa. A'24 febbraio 2." domenica di quaresima, Giulio II, recatosi in abili pontificali nel portico della basilica Vaticana, accompagnato da 12 cardinali, molli prelati e Penitenzieri, sedente nel soglio avanti la porta di bron zo, presentigli ambasciatori di Francia, Spagna, Inghilterra ed altri, gli oratori veneziani si prostrarono a’suoi piedi, e supplichevoli domandarono il perdono de’ loro falli e d’ essere assolti dalla Scomunica e altre Censure Ecclesiastiche. Ascoltate dal Papa le proteste di pentimento e di sommissione e le loro domande, il procuratore del Fisco della Camera Apostolica, domandò la lettura delle loro procure, indi de’ palli convenuti, che gfi ambasciatori veneti dichiararono esser pronti a giurare. Allora aperto il inessale, e collocalo sulle ginocchia del Papa,gli oratori avvicinatisi epouendovi sopra la mano giurarono. Dando poscia di piglio il Papa e i cardinali a 12 verghe, che furono ad essi presentate, senza con quelle toccarli, come portava il rito co’pubblici penitenti, e lo rilevai pure nel voi. LXII, p. 120, fu recitalo il salmo Miserere, e pronunziata da Giulio li la solila formula della solenne Assoluzione. Imposta loro infine per penitenza canonica la devota visita delle Selle Chiese-eli Roma, con preci eliniosiye, il Papa si litirò.Indi la messa fu celebrata nella cappella pontificia Sistina, e gli oratori furono ricondotti in cavalcata, onorati e festeggiali alle loro case. Nel dì seguente, chiamati di nuovo alla presenza del Papa, loro disse: »Magnifici signori oratori ! Non vi paia strano che siamo stati tanto a levare l’interdetto. La signoria slessa ne fu causa, ella dovea compiacere nelle giuste petizioni, mentre e a noi stessi molto dolse delle censure che ci fu forza pronunziare. Ora se essa continuerà a stare con noi, ne avrà di molli benefizi”. Presero quindi commiato gli ambasciatori per tornare in patria, restando come ordinario Girolamo Donato. Recatasi a Venezia la desideratissima notizia dell’assoluzione, il doge, il senato e il popolo ne furono consolati e lietissimi, e fecero pubbliche feste d’ allegrezza e processione per 3 dì, come narra il Rinaldi, ed aggiunge. » Per cagione della pace fatta dal Sommo Pontefice co’ viniliaoi cominciarono Massimiliano I e ’I re di Francia a crucciarsi con Sua Santità, cioè perchè si fosse ritratto dalla lega di Cambray ; per la qual cosa ancora non sono mancati autori, c’hanno havutoardire di lacerare la sua fama ; li quali di leggieri si confutano, mentre si considera, che le ragioni, che Cesare dicea se avere nelle sopradette città erano ambigue, e che’vini-tiani le haveauo lungo tempo possedute,