6 da altre genti, ma da uno de’figli di Noè la diremo immediatamente formata in quelle sedi che occupava; per guisa che, noto non essendo popolo da cui dimostrare si possa discesa, abbiasi a considerare quasi originaria. Il che avendo in comune con molte altre nazioni, non è meraviglia se gli scrittori romani più autorevoli, dessero senza esitazione agli antenati il nome di Aborigeni, ilcuimen controverso significato era quello di gente paesana surta da ignoto figlio della Noetica famiglia qui venuto a formare l’italiana gente. Nella qual voce comune, grammaticalmente ed ¡storicamente intesa da ogni latino, abbiamo pure una manifestazione del buon senso degli antichi; dove che ideiti della letteratura moderna si affaticanoancora inutilmente a ricercare chi fossero e donde originassero i nostri progenitori. Abitatori primi d’ un paese sono certamente coloro che anteriori ad ogni altro nel posto non abbiano come provare, nè per uttinenza di stirpe, nè per autorità di storia che sien venuti da altre nazioni. E tale è senza dubbio 1’ origine degl’ itali primitivi, da cui discendono l’un dopo l’altro i popoli,che indi acquisiamosi no* me e grado distinto nella comune patria: que’popoli insomma che gli stranieri, e massimamente i greci, ritrovarono di già congregati in tribù o nazioni allora che passarono in questa nostra terra, B che pur sempre vi riconobbero di sangue dal loro diverso, colla sprezzante nota di barbari. Nell’opinione stessa degli antichi dicevansi gli aborigeni nati in Italia, dacché per l’ignoranza dell’origine tutti credevano d’essere di quella terra che abitavauo. Nè solamente i prischi latini, ma le nostre nazioni più copiose e grandi si pregiavano a un modo di porre (’antichissime famiglie degli aborigeni in fronte n’ loro annuali , e di riconoscere anzi da quelle i [>i'i nei pi i della stessa ci -▼ile uiiione. Sg di tal forma gli umbri, i volsci, i sabini, e generalmente i popolijdi stirpe toscana, appariscono lutti egualmente aborigeni nella i.J loro epoca sociale, non meno il furono i veneti, gran tralcio del popolo italico. Livio parlando degli etrusci descrive 1’ ampiezza del loro dominio che occupava lutto lo spazio tra l’Apenniuo, le Alpi ed i mari che bagnano l’Italia, a riserva del cantone de’ veneti : trattando Plinio delle conquiste estese di quel popolo sulla sinistra del Po, ne eccettua il veneto territorio. Così è provato che i veneti qui erano quando primeggiavano gli etrusci, il chesi accorda con quanto si è detto, e rimonta al di là della guerra troiana. Si ha dalle storie che prima di quella guerra e pela-sgi ed etrusci fiorissero grandemente in Italia, e che poi abbandonata da quelli l’opulentissima Spina (città d’Italia nella Gallia Cispadana, fondata alla foce del Po da’pelasgi, i quali dicesi che vi venissero prima della guerra di Troia; Plinio la vuole edificata da Diomede, colle ricchezze rapite al tempio di Delfo; e Stra-bone crede che fosse una colonia greca, la quale da fioritissima si ridusse alla condizione di villaggio), questi ultimi giunti all’apice della grandezza e confederali co’ veneti, fissassero in Adria l’emporio del più vasto commercio (per cui il Mare Superimi ebbe il nome di Adriatico tuttora conservatoci dire ilei Castellano). Nobilissimo fu poi quel porto e molta la grandezza d’Adria che, oltre a Livio, celebrarono Strabone e Plinio come antica colonia etrusca. Fu essa forse che diè il suo nome al mare vicino. Ma se quegli etrusci ch’erano in grado di fondare sì ragguardevole città , e che già dominavano un gran tratto d’ Italia con altissima fama di sapienza, di virtù, di valore, erano confederati co’veneti, convien dire che questi fossero, se non pari, almeno molto prossimi a loro nell’arti, nella civiltà, nel nome, altrimenti non a-vrebbe potuto sussistere una comunanza