i nobili radunati in assemblea sulla spiaggia ili Maiamocco lo elessero nel 764; distinto per nascita cittadino eracleano, ma assai più per prudenza e saggezza, e per niente pronta e perspicace. Sedò le discordie che ancor bollivano tra quelli d’E-raclea e quelli d’Equilio, con tregua. Dalle incursioni degl’ italiani (come allora i veneziani chiamavano in generale tutti gli abitatori della terraferma), seppe difendere leLaguue.Sostenne i diritti diGio-vanni patriarca di Grado, alla cui giurisdizione pe’inaneggi di quello d’ Aquileia S gualdo eransi sottratti i vescovi suffragane! dell’Istria, con inviare a Roma al Papa Adriano I, nel 772, come leggo in tale anno, n. 5, nel Rinaldi, quali ambasciatoli lo stesso Giovanni, Magno prete, e Costantino tribuno, supplicandolo a frenare Sigualdo, che aiutato da Desiderio re de’ longobardi, gravi danni e vio lenze recava alla chiesa gradese; ed ottennero pontificie lettere di consolazione pel patriarca di Grado, e di rimproveri per quello d’Aquileia. Inoltre il Papa scrisse a’vescovi dell’ Istria, ricordando loro come ne’ patti generali tra’ greci, i longobardi ed i franchi, l’Istria era stata riconosciuta come soggetta al patriarcato gra-dese. Narra di più il Rinaldi, che i legati veneti pregarono Adriano I di dare un vescovo diverso da quello di Maiamocco, a Rialto dove i cittadini dimoravano con maggior frequenza e aumento, e gli esaudì; nominando poi il sinodo di Maiamocco Obelerio per vescovo, figlio d’Enean-gelo tribuno di Maiamocco. Dice l’ab. Cappelletti che nel 775 o nel 776 avvenne la fondazione della sede vescovile di Venezia, la cui residenza fu stabilita in Olivoloossia Castello, una dell’isole Reaitine, donde venne a’ suoi pastori il titolo di vescovi d’Olivolo e poi di Castello, poscia patriarchi di Veuezia: tutto narrerò nel § XXI. Frattanto vessato Adriano I dall’ingrato Desiderio re de’longobardi, ricorso all’ aiuto di Carlo Magno re de’ franchi di lui nemico, avendone ripudia- ta la figlia, calò in Italia con poderoso e-sercito : vinse Desiderio, l’imprigionò e diè fine al regno longobardico di cuis’im-padroni. Pare che i veneziani spontanea-mente accorresseroa recar vettovaglie colle loro barche all’esercito frauco, nell’assedio di Pavia ov’erasi chiuso Desiderio. Carlo Magno confermò al principato temporale della s. Sede le donazioni fatte da suo padre Pipino re de’franchi. Leggo in Anastasio Bibliotecario, De Fitis Rom. Pontificum, t. 1, p. ?.5o, che Carlo Magno donò pure alla Chiesa Romana, Pro-vincias Venetiarum et Histrìam. Riporta altrettanto il Borgia, Breve istoria del dominio temporale della Sede Apostolica, p. 283, riproducendo il testo del diploma Carolino, e soggiunge. Il solocon-fine delle Venezie e dell’ Istria in questa descrizione perfin.es è alquanto oscuro per conto i\e\ì’ Istria, nella quale possedeva patrimoni la Chiesa Romana innanzi s. Gregorio I. Che l’Esarcato di Ravenna (in parte datosi spontaneamente a’ Papi e in parte donato dal re Pipino,indi confermato da Carlo Magno) confinasse da un lato colle Venezie ben si comprende, ma non fu chiarito ancora come potesse aver per confine anche l’Istria. Se Carlo per estremo confine da quella parte del dono fatto alla Chiesa da Pipino nominò ristria,ebbe buou fondamento di porvela. A dimostrarlo basti il ricordare il patrimonio che la s. Sede possedeva uell’Istria, raccomandato da s. Gregorio I coll’ Epist. 49> lib. 4> Epist. g, lib. 10, ad un notaro per amministrar- lo, e nel possesso del quale continuava a’tempi di Carlo, come si trae dalla lettera che nel 778 Adriano I gl’indirizzò per narrargli un grave sconcio accaduto in persona di Maurizio vescovo dell’Istria, destinato dal Papa a raccogliere le pensioni di quel patrimonio, pubblicato dal Borgia. Se si dovesse stare all’ antico sistema dell’ Istria, non si saprebbe combinare il suocoufinecoll’Esarcato,essendo incontrastabile che niuna delle sue ter-