46 gno allora in Aquisgrana. Colà infatti fu ristabilito il buon accordo tra'due imperatori nell’ottobre 810 sulle basi antecedenti, seguendo il definitivo accordo nell’81 2, restituendo i franchi le terre invase e riconoscendo gli antichi privilegi de’veneziani nell’impero. I due dogi Obelerio e Beato furono sagrificati alla comune tranquillità, avendo Ebersapio ottenuto che fossero ambedue confinati l'uno a Costantinopoli, l’altro a Zara. Secondo altri cronisti, Obelerio l'icovratosi alla corte di Carlo Magno, sarebbe stato consegnato da questo all’imperatore greco che il condusse a Costantinopoli, e Beato avrebbe continuato nella dignità di doge fino alla sua morte, avvenuta un anno dopo. La cronologia de’ dogi dice soltanto, Obelerio deposto nell’ 810(0 meglio neli’809). 11 cav. Cicogna riferisce,che i veneziani non volendo alla testa dell’armata porre Obelerio, che conoscevano partigiano di Pipino, vi misero Vittore d’Eraclea ; e che quanto al promesso annuo grosso tributo a Pipino, appena questo uscito dalle maremme, i veneti costrinsero i francesi a contentarsi d’assai minor somma. Agevolmente intanto s’era potuto ravvisate in Obelerio un principe traditore della patria ; sì che i veneziani spogliarono lui e i fratelli del trono; confinando Obelerio a Zara in Dalmazia, allora de’ greci, e Beato a Costantinopoli di cui era stato sempre favorevole. Valentino però, non temuto per la sua giovine elà, lasciarono nella Venezia, spoglio di qualunque potere nella condizione privata. Narra il Castellano, che dipoi Obelerio avendo tentalo novità con impadronirsi di Vigilia, uua del- 1 isole distrutte della Laguna, pagò col capo l’incauto ardimento: meglio ne riparlerò a suo luogo. Dopo la ritirata de’fran-chi, il loro partilo ammutolì,e l’altro ripreso vigore depose i dogi. Le scosse violenti però che la nazione avea sofferte da lungo tempo, e l'ultima guerra de’fran-chi avevano fatto conoscere, che a to- gliere vieppiù {’interne gare ed assicurare l’esistenza della repubblica, distillile Eraclea e Maiamocco già capitali della Venezia, sarebbe stato opportuno consiglio il trasportare la sede del governo in un’isola fino allora delle meno importanti (ma era però sede del vescovo d’ Oli-volo) e che 11011 vantasse pretensioni, ma in cambio offrisse per la sua giacitura ima maggior sicurezza contro gli esterni nemici. Tali condizioni presentava in fatti Rialto ; èd approvata per decreto del popolo la proposizione, colà si trasferirono nelI’Soq secondo Corner, o meglio nel-l’8 1 3 al dire di Cicogna, le principali famiglie, per le quali e per la popolazione che rapidamente si accrebbe, l’isola venne sempre più ampliata, unita colle più vicine e ragguardevoli, quindi abbellita. Il cav. M utinelli dice che ciò fu opera di Agnello Puitecipazio primario cittadino e poi doge, col farvi riparare dalle più rimote isole i magistrati, 1 sacerdoti, i vecchi, le femmine, i fanciulli; e che fu lui che ordinò gli atti alle armi ad affrontar Pipino sotto il comando di Vittore assai valoroso e prudente soldato, dopo essersi opposto all’alleanza da lui bramata, alto alzando la voce, che se cadeva la capitale Maiamocco, altre ve ne avea in cui ricovrarsi, laonde Rialto colle circostanti sue isolette divenne il sicuro asilo e la nuova capitale. Così in Rialto si andava preparando la futura città di Venezia, per aver poscia assunto Rialto tal memorando e celeberrimo nome. Si legge nel Castellano : Non lungi da quest’epoca l’isole unite per la varia loro derivazione dalla Venezia terrestre, pe’ veneti secondi, si dissero Venelicie, ed il nome poi di Venezia anche alla città fatta metropoli perennemente rimase. Stabilita la sede della repubblica di Venezia nell’isola che indi divenne città gloriosa e possente, io non posso progredire al modo tenuto ne’ 3 numeri preliminari e d’introduzione a questo lungo §, nè a spigolare sempre e liberamente con