646 del governo ili s. Marco ; giacché non dovessi loro altro ingiungere, che di respingere i nemici nel caso di attacco e punire i ribelli. 1 sudditi veneti non do-veano venire alle inani co’ francesi, riconosciuti neutrali da’capi del governo, i quali aveano diritto di essere come tali trattati, non essendo stata punto dichiarata la guerra. Era un fomentare pretesti per effettuare le prave intenzioni del nemico. Giunte le cose a tali estremi, nes-suuo poneva in dubbiochele truppe francesi, dopo essersi impadronite di Verona, nou tiudrissero progetti controla stessa Venezia, continuando l’armata a conquistare e rivoluzionare, a misura che a-vanzava verso la sede del governo. Allorché, al momento dell’affare di Verona, il senato fece far la rassegna delle forze di cui potesse disporre nelle Lagune, egli non conosceva i misteri diLeoben, e non poteva ancora sospettare che vi fosse per lui argomento di funeste previsioni. Le forze venete per la difesa mobile, secondo la citata opera, consistevano iu 3y galee o filuche, e 168 barche cannoniere, che in tutto portavano o bocche da fuoco, e 8,5oo uomini. Tutte le batterie che custodivano i varchi erano armate. La guarnigione della città si componeva di 1,700 uomini, i quali venivano successivamente rinforzati da truppe regolate a misura che queste sgomberavano dalle citta di Terraferma. Tutte le truppe italiane e schiavone sommavano le prime a circa 3,5oo uomini, le seconde a 11,000. Eranvi mezzi di contrastare il passo, naturalmente tanto difficile delle Lagune, all’annata francese, contro cui Veuezia avea da lottare corpo a corpo, nè quell’ armata avea una barca sola per entrare nella capitale. Sulle forzemilitari della repubblica riparlerò dopo la sua caduta col conte Dandolo. Trovo in Coppi, che Napoleone,allora Bona-parte, dopo la sottoscrizione del fatale trattato di Leoben recossi a Gratz, dove incontrò i deputati veneti Douato e Giu- stiniani, e li ricevette a’25 aprile, men-tre non eragli per anco nota l’uccisione di Laugier. A’ioro discorsi d’amicizia e di accomodamento, padroneggiando fieramente rispose. «Non voler più l'inquisizione, la quale era un’istituzione de’secoli barbari; la repubblica rimettesse in li-bertà tutti i carcerati per opinioni politiche. Punisse coloro che avevano oltrag giato i francesi, disarmasse il popolo e si dichiarasse contro l’Inghilterra, cacciando il suo ministro da Venezia, altrimenti esso le avrebbe intimato la guerra. Allorquando aveva l’arciduca Carlo a fronte, aver offerto al Pesaro l’alleanza colla Francia,ed essere stata ricusata.Ora a-vere 80,000 uomini disponibili, e non avere più bisogno d’alleati. Sarebbe stato per Venezia un Attila! Non voler più sentire progetti; voler soltanto dettarla legge. Essere sua intenzione che non vi fosse più senato, i nobili delle provincie che dianzi erano schiavi dover partecipare al governo.Ma di già il governo essere vecchio, e dover perconsegueu-za cadere ”. A queste furiose minacce, incominciò quindi ad unire i fatti, occupò colle sue truppe tutta la Terraferma, ne cacciò i veneti magistrati, e vi fece sostituire muuicipalità rivoltose (così Vi cenza, Padova, Udine, Bassanoec. eransi proclamate indipendenti, ed erette in governo democratico , ciascuna città pretendendo erigersi in separata repubblica: a mano a mano eli’erano occupate da’fraucesi,cessavano di comunicare col la metropoli,contro cui dirigevano rivoluzionari proclami minacciosi,accompagnati da ordini del giorno e ila lettere de’generali francesi, le cui espressioni e rano pe’ veneziani ancor più tremende , poiché dicevano di non avvicinarsi se non che armati della spada della vendetta ) ; sequestrò i beni de’nobili, e circondò la capitale stessa colla divisione del generai Luigi Baraguay d’ Hilliers. I francesi erano già alle sponde delle Lagune, allorquando a’3o aprile giunse iu