«ino quelle del Papa. Per due ore di o-»linaio combattimento fu incerta la vit-loria, Coche sopraffalli i turchi dall’eroico «alore de’cristiani rincularono, e cercarono colla fuga sottrarsi a nuovo cimento. Inseguitasi precipitavano in mate per salvarsi a nuoto: molte loro navi rimasero divorate dal fuoco, altresi ruppero a terra. Inoltre vennero in potere Je’ieneziani 6 vascelli e 5 galeazze, colla morte di 10,000 infedeli, lu liberazione di 5ooo schiavi cristiani, e l’acquisto di gran copia d’artiglierie e d’attrezzi militari tolti dall’ abbandonate navi a cui poi fu appiccato il fuoco. Muratori cie-de,che fosse questa la più insigne vittoria riportata da’ veneti nella presente guer* ro, se non che restò funestata dalla morte dello stesso supremo comandante Marcello, a cui fu sostituito qual generalissimo il prode Lazzaro Mocenigo, il quale però nel calor della pugna vi ebbe ferito un occhio che poi perde. In memoria di sì strepitoso trionfo, giacché riportalo nel giorno della festa de’ss. Gio. e Paolo, il senato fece voto di visitare la loro chiesa in ogni anniversario. Dopo ciò i turchi di nuovo piegavansi a pace, ma rigettaronoi padri veneti l’orgogliose pi o-posizioni, perchè non corrispondenti al decoro della repubblica ed agli eroici «forzi de’citladini. Ottenutosi fortunato successo, i veneziani espugnarono l’isola e rocca di Tenedo, dove lasciarono buon presidio, e altrettanto fecero coll’isola di Lerunos, ma poco dopo ambedue riuscì • turchi ricuperare. In Dalmazia pure si combatteva cou varia, ma quasi sempre buona ventura e successo, ed i turchi non cessavano armamenti e sforzi per vendicarsi. La repubblica ad onta delle somme ricavale dalla novella nobiltà, e di quelle a lei procurate da Alessandro VII, trovavasi sempre bisognosa di denaro, laonde come narrai a’Ioro luoghi, ad i-slanza della medesimi), già col breve Nu-pcr,^ de 19 aprile dello stesso i656, le ap-, Ii‘‘ò 1 beni thè possedevano nel domi- 537 nio veneto i religiosi crociferi, ed i canonici regolari di s. Spirito di Venezia, i quali per aver tralignato dal loro primitivo spirito, a’28 di detto mese co’bre-vi T incanì Domini, e Cimi sii comper-tuni,ambedue soppresseci trovavano ancora i Gesuiti esclusi dagli siati della repubblica , ad onta delle calde pratiche passate a questa da Gregorio XV per il loro ritorno, tanto bramato da molti primal i patrizi e da’popoli, per l’immenso bene che aveano fatto e pel buon odore che aveano lascialo di loro virili esemplari e molteplice dottrina, che dispensavano coll’insegnamento ne’ loro collegi. Ora Alessandro VII che nutriva venerazione per la compagnia di Gesù e affettuosa slima pe’suoi religiosi, s’impegnò con tutta I’ efficacia pel ripristinaiuento loro ne’dominii veneti. Pertanto con breve de’23 dicembre i65G, diretto al doge Valier e al senato, li pregò così premurosamente e con tali gagliardi argomenti, perchè i gesuiti fossero ristabiliti nelle loro case e chiese, che in brevissimo lempo fu appagato ne’suoi zelanti desiderii; per cui avendo il nunzio di Venezia Caraffa con islairetta istruito il Papa della decretata riammissione,due giorni dopo, con breve de’27 gennaio 1657, rese al doge e al senato quelle grazie che potè maggiori. Essendosi poi nel dì 20 febbraio 1657,il padre provinciale de’ge-suiti in Bologna Girolamo Chiaramonle presentato in nome de’ suoi al doge nell'eccellentissimo collegio per ringraziare la signoria della grazia ricevuta di poter ritornare in Venezia e stalo veneto, il doge Valier gli rispose: Signori, siale li bene venuti, e sarete anco li ben veduti se mutarete costumi, come la repubblica ita mutate le sue leggi, ma per compiacere a Sua Santità. Voleva replicare; ma soggiunse il doge: Andate, andate (forinola cui non era più permesso ad al-cuuodi rispondere). Ritornati i gesuiti in Venezia, con la somma di 5o,ooo ducati acquistarono la casa religiosa degli e-