3o dal principio della loro istituzione ni secolo XIV, e di alcuni anclie posteriori, rappresenti propriamente la fisooomia loro. Imperocché bruciata nel i ¿>77 la sala del Maggior Consiglio, ove attorno nelle lunette sotto il soflitto erano i detti ritratti, se ne perdettero le traccie; e per rifarli convenne certamente al pittore cavaine parecchi o dagli originali, clic forse nelle rispettive famiglie si conservavano, o dalle medaglie, o da’monu-menti scolpiti, vari essendovene tuttavia nelle chiese di Venezia anteriori al 1577, e pregievoli ne sono le corrispondenti erudizioni illustrative; ina la maggior parte si dovette ritrarre dalla fantasia del pittore stesso, solo potendosi assicurare, che i posteriori al 1077 fino all’ultimo doge Lodovico Manin presentano la verissima loro immagine, la quale però non si poteva ritrarre nelle sale se non dopo la motte di ciascuno, e quella del Manin, siccome morto dopo la caduta della repubblica, vi fu posta con sovrana anriuenza, ma col solo nome e cognome. Il Nani, (pianto agli antichissimi, fu fedele all’«(ligie di convenzione, e quanto agli altri imitò allo scrupolo la serie divulgata e generalmente accettata per veridica. Ma siccome tanto ne’ ritratti a olio esistenti nelle anzidette due sale, quanto in quelli negli scorsi ultimi secoli intagliati in rame non èserbato il costu me sia della berretta ducale, sia delle vesti ; così il Nani si studiò possibilmente conservarlo nel suo intaglio a seconda dell’uso de’tempi in che fiorirono i dogi. E primieramente, quantoalla berretta,prese per norma l’erudita opera: Della Berretta ducale,volgarmente chiamata Corno, che portasi da’ Serenissimi Dogi di Venezia, Dissertazione di Girolamo Zanetti, 1779. Dall’eiligie del doge genuflesso innanzi la Croce, espresso in uno de’musaici della mezzaluna sopra l’altare della cappella del Battisterio di s. Marco (musaici lavorati dal XI al XIV secolo), il Zanetti cavò una prova clic in antico i dogi usavano della berretta, e non del corno ducale, e la riferisce nella Dissertazione. Per la sua rarità ed a cura di G. B. Astori venne riprodotta in Venezia da G. B. Merlo nel 18^7. Con tale scorta il Nani alterò la forma del cornosecondo il progressivo costume. Però ripetè, coni’ è ne’ritratti precedentemente incidi, la solita cuffia, anche a’ primissimi dogi anteriori al 1177: poiché priva d’ogni buon fondamento de-vesi tener la tradizione che Papa Alessandro III accordasse a’dogi veneti, oltre altri privilegi, anche il portar sotto la berretta la cuffia; e in effetto l’uso di portarla è ben più antico di quell’ epoca, sì quale insegna di persona sagra a-doperata non solo da’ dogi, ma da altri principi, e sì per decenza e per non restare a capo scoperto del lotto volendo levar il corno. La cuffia adoperata dall’ultimo doge Manin il giorno dell’abdicazione, pervenne in potere del sullodato Casoni. Morto i 1 Casoni nel 1857 fu comperala dal conte Alessandro Àlbrizzi che gelosamente la conserva con tutti gli attestali che ne assicurano l’autenticità. Col corno il doge era solennemente coronato, e la sua moglie, che avea il nome di Dogaressa,era purecoronatacon pompa, cioè soltanto le dogaressesuindicate e non tutte. In 1 ¡guardo poi al vestimento ducale, siccome i più antichi dogi erano esercitati nella milizia, e taluni celebri guerrieri e direttori d’armate,così ad alcuni il Nani pose sollo un abito analogo, so-prappostovi però il paludamento ducale, or chiuso, or aperto dinanzi, vestendoli parte da dogi e parte da generali. Nel vestiario imitò que’ dogi espressi in al cuni musaici della chiesa di s. Marco, e in generale alla descrizione dell’ abito dùcale del Sansovino, il quale lasciò scritto: » La sottanella sotto il ricco e splendido manto ne’tempi addietro era la veste principale, e in principio si portava colle maniche strette e col collare alto. Non era di seia, poi lo divenne; e indi