da Bolena (cagione del suo infelice pervertimento e di quello del regno), di dargli in isposa la vedova duchessa di Milano, e alla figlia sua il proprio nipote infante di Portogallo col ducato di Milano per dote, purché s’impegnasse nel caso di guerra d’entrare con buon esercito in Francia. Spaventato Francesco I da tale pratica, per meglio certificarsi del-I’amicizia di Carlo V, tosto inviò a lui la propria moglie e sua sorella Eleonora, per invitarlo a nuova conferenza in Ai-guesmortes nella Linguadoca. L’imperatore accettò, ricevuto con ¡splendide e a-michevoh dimostrazioni, riferite a’ loro luoghi. Le conferenze durarono dal i4 al 17 luglio 1538, e con tante reciproche carezze come se tra essi uon vi avesse avuto mai guerra', da affettuosi cognati ! 11 re levatosi di dito un grosso diamante ne fece dono all’ imperatore, e questi vi corrispose con altro gioiello. Il re era inquietissimo contro i veneziani, per non aver voluto accettare i partiti proposti, e volle unirsi all’imperatore per aiutarlo alla monarchia (forse d’Italia). Sollecitalo poi alla lega contro il turco, rispose all’ oratore veneto : » Se Carlo V farà quanto si é impegnato, io non mancherò di corrispondergli, e di far conoscere al mondo che sono principe cristiano quanto ogni altro”. Fece poi avvisare la repubblica dal suo ambasciatore, che Carlo V la manterrebbe in guerra per consumarla e indurla alla sua ubbidienza, e farsi quindi signore di tutta I-talia ; onde badasse bene a’falli propri e cercasse d’accomodar le cose col turco. L’esperienza pur troppo poco tardò a dimostrare qual assegnamento potesse farsi sull’imperatore. Nel giugno 1538 uscita la flotta turca comandata dall’ammiraglio Barbarossa, fu valorosamente respinta a Candia, ed il sangiacco di Mo-rea dovè ritirarsi dall’assedio di Napoli di Romania pur difesa con prodezza; ma iu Dalmazia i turchi presero Nudino, tirano e Nona, uon senza minacciare il 343 Friuli. Preparandosi una gran battaglia navale, il generai Cappello avendo già racoolto a Corfù una considerabile flotta, vi si congiunse il patriarca Griraani colle galee papali, ina perderono prezioso tempo per attendere l’armata di Spagna, e solo condusse un debole rinforzo Ferrante Gonzaga viceré di Napoli, con voler aspettare il Doria. Impaziente il patriarca, con 36 galee si recò ad assalire Prevesa, ove fu più coraggioso che prudente, onde dovette ritirarsi ; nondimeno conobbe il sito, e servi a facilitare la vittoria, senza risultati, che poi vi riportarono gli alleali. Forse per tale azione fu al prelato coniata quella medaglia di cui parlai nel voi. LXXXI, p. 324. Arrivato Andrea Doria, però con una parte della flotta, gli alleati marciarono contro Prevesa, a combattere il Barbarossa ch’eravi entralo, con 36 galee, 2 galeoni e 3o navi armate. Furono incontrate dalla flotta turca, e già il Cappello l’avea obbligala a indietreggiare, quando il Doria si ritirò. Uscita di nuovo la flotta nemica col Barbarossa da Prevesa, bell’occasione si presentava per combatterla, e nuovamente il Doria con pretesti ricusava il combattere; ma pel ragionare energico del Cappello, svergognatosi arrese e dispose l’ordine delcom-battimento ponendosi innanzi agli altri, e nel retroguardo collocò il patriarca Gri-inani. Ma fu il Cappello che lo provocò alla pugna, essendo le sue manovre indecisive ; tuttavia dopo alcuni vantaggi, temendo arrischiare, ad onta degli sforzi del Cappello convenne ritirarsi a Corfù in disordine, sbattuti dal dolore e dall’avvilimento. Fatti orgogliosi i turchi si recarono a Paxò, 1 2 miglia da Corfù, sfidando l’armata de’collegati, ma invano per l’opposizione del biasimevole contegno del Doria, e dopo insulti contro i cristiani, essendo avanzato 1’ ottobre, si ritirò uel golfo di Larta. Tale fu il ri-sultamento di tanto apparecchio di navi dall’uua parte e dall’altra a Prevesa, e