e 200 pedoni, con segrete intelligenze nottetempo seppe aprirsi la strada fra’ nemici e giungere felicemente a Mestre. Ivi fu ricevuto da [ 2 nobili, e montatoa s. Secondo sul Bucintoro, con solenne onore fece il suo ingresso in Venezia il 25 agosto in mezzo agli applausi del popolo. Nota il suo biografocav.Cicogna, che questo doge avendo perduto un occhio alla difesa di Treviso, usò di portare un panno sotlo la berretta che glielo copriva. I veneziani indignati con Francesco I da Carrara pel grande appoggio che dava agli ungheri, per tal modo macchiando-si d’ingratitudine colla repubblica,e smentendo il suo carattere di principe italiano.Il doge sfenza effetto procurò rannodare accordi con lui, che versipelle invece impedì il passo a’soccorsi che a’veneziani dovevano venire ila Romagna. Quindi i semi di quell’odio, che poi fu tra la repubblica e i Carraresi, e la fine miseranda di questi. A vendicarsi di Francesco I, i veneziani richiamato da Padova il podestà Marino Morosini, vietarono per colà ogni invio di sale, sospesero ogni commercio co’pndovani, li bandirono da Venezia e dal resto del dominio; e mandato a devastarne il territorio, si pose ogni impegno per muovergli contro gli Scaligeri di Verona. Frattanto Papa Innocenzo VI, sempre più spaventato da’ rapidi pio-gressi de linchi, non cessava di sollecitar la lega fra la repubblica, il re di Cipro e ¡cavalieri gerosolimitani di Rodi,per unire i loro sforzi contro il nemico comune. Ma necessitando la pace tra’principi cristiani , molto si adoperò presso il re di Ungheria per recare ed effetto un accordo co’ veneziani, per tal fine inviandogli legati i vescovi Dongiovanni di Fermo e b. Pietro di Patti, inculcandogli a non combattere i cattolici, ina gli scismatici di Piascia, contro i quali avea promulgato la crociata, e fatto il re capitano generale e gonfaloniere di s. Chiesa. Non pertanto a gran fatica, a’16 novembre i356 riuscì ad ottenere una temporanea tregua i5i di 5 mesi, con cessazioned’ostilità e ritensione dell’occupato nel Trevigianoe nella Dalmazia. Spirata appena la tregua e l’armistizio, ricominciò la guerra più feroce che mai nel Trevigiano con alterno successo, e rovinosamente in Dalmazia, ove Traù e Spalatro si arresero agli ungheri, i quali per tradimentos’im-padronirono pure di Zara. Michele Falier e Simon da Ferrara , deputati alla sua difesa, giusta il costume inesorabile praticato dalla repubblica, furono per la loro poca vigilanza condannati ad un anno di prigione nelle carceri inferiori, e di più il Falier fu punito con privazione perpetua da tutti gli uffizi, benefìzi e reggimenti dentro e fuori della città. Minacciando il re di tornare a debellare l’ostinata Treviso, che bravamente si sosteneva, fece risolvere la repubblica a inviargli ambasciatori per un accomodamento,anco pel malumore insorto in Ve-nezia.Dure furono le condizioni volute dal re, sommamente offensive alla grandezza della repubblica veneziana, per dovere rinunziare alla Dalmazia, sostegno principale dell’armate, ed a que’porti tonto vantaggiosi e necessari al commercio. Dopo lunga e penosa deliberazione, si a-dottò la politica, altre volte poi usata, di rinunziarea tempo opportuno a’possedi-menti la cui conservazione riusciva costosa o di grave pericolo, nella speranza di riacquistarli a migliore opportunità. Così avvenne appunto della Dalmazia, icui prodi abitanti divennero poi i più validi difensori della repubblica, i più fedeli tra’ suoi sudditi, compensandolargamentedi sagrifizi e d’ amore le passate incostanze politiche. La pace fu conclusa a’ 18 feb-braioi358, e vi si compresero il signore di Padova e il patriarca d’Aquileia, ed altri aderenti al re. I veneziani rinunzia-rono alla Dalmazia, e a tutti i diritti e titoli inerenti, cessando al doge quelli di duca di Dalmazia e Croazia; promettendo di non soccorrere quelle città e popoli contro gl’interessi del re. Questi