goti a render conto dell'amministrazione loro. Riunironsi poi i tribuni per consultare e deliberare ogni volta che trattato si fosse d’un alfiire che avesse interessato il generale della nazione, cui nell’accennala assemblea raccolta , riservavasi il giudizio sopra le tribunizie deliberazioni, come narra pure il Mulinelli. L’adunanze generali e nazionali si dissero eziandio concioni. In esse risiedeva il diritto di trattare le bisogna dello stato; il qual sistema stabilì la subordinazione senza nuocere all’eguaglianza, nè toglieva alla libertà se non quel tanto che poteva viziarsi in licenza. Per molli anni sotto il tribunizio reggimento prosperò la veneziana famiglia, crescente ogni giorno di forze. Il prof. Romanin nel lib. i,c. 5, ragiona del principio dello stalo veneziano, della dipendenza o indipendenza originaria de’veneziani, del governo interno delle città romane, della costituzione della Venezia terrestre, e della relazione de’ veneziani colTltalia, coll’impero d’Oriente e con quello d’Occidente. Egli dice, in tutto questo le opinioni sono profondamente divise, poiché alcuni vogliono i veneziani fin dal principio indipendenti, altri invece soggetti a’reggitori d’Italia, poi a quelli di Costantinopoli. Molto si appoggiano i primi sopra una lettera di Cassio-doro scritta in nome di Vitige re de’go-ti (dominò dal 536 al 54o) a’ Tribuni maritiimi ossia magistrati de’ veneziani, che il patrio storico riporla , per dipingere al vivo i costumi e la condizione de’ veneziani a que’tempi. Li loda agilissimi navigatori, e spesso varcale spazi infiniti, perchè intraprendevano lunghi viaggi per mare e su pe’ fiumi, avendo grosso navilio e ampio commercio, specialmente del sale. Gli abitatori avere soltanto abbondanza di pesce; poveri e ricchi convivere in eguaglianza, un solo cibo nutrirli tutti. Chiama le loro case quasi come di acquatici uccelli, ora terrestri, ora insulari; abitazioni non prodotte dalla natura, ma fondate dall'industria mi-P. II. ■7 rabile degli uomini. Quanto poi all’ indipendenza , dicono i propugnatori di questa, la lettera essere diretta a’magistrali mandati dal di fuori; non comandare Cassiodoro, rnn esortare: i veneziani sottrattisi dall’antica patria, mandati ad abitare isole deserte o un suolo da essi creato , esser liberi per naturale ordine de’fatti. Diversamente ragionano gli oppositori, e pretendono don potersi parlare d’indipendenza della veneziana repubblica se non molto più tardi; esser lontano da ogni probabili là,che quand’an-co negli ultimi anelili dell’impero, allorché tutto era in dissoluzione, l’isole a-vessero potuto provvedere a se come fecero altre città e provincic; i goti poi nel lungo e pacifico regno di Teodorico, e tenendo una flotta in Ravenna, non a-vesserò pensato a far tornare all’ ubbidienza quell’isole sì vantaggiose pel sito loro; aversi prove evidenti del dominio e-serenatovi poscia da’grecijriconoscersi nel titolo d'Ilipalus, conferito dalla corte di Costantinopoli a’primi dogi (come T imperatore Anastasio I già 1’avea dato a Clodoveo 1 re de’franchi, titolo d’onore che il Magri dice significare principale, e nella dignità corrispondente a quello di console; onde non se ne può dedurre una sudditanza, neppure pe’veneziani); e nella data de’documenti, col nome dell’ira-pel atol e regnante, una testimonianza della dipendenza dall’impero orientale; poi attestano egualmente una dipendenza dall’occidentale, senza però tracciare nettamente e con precisione il tempo in cui avrebbe avuto principio lo stato veneziano indipendente (qui l’autore avverte gl’infiniti errori contenuti nelle Storie di Venezia del Laugier e specialmente del Darti, dopo l’osservazioni e rettificazioni del Tiepolo, ed ultimamente del Cappel letti). Nelle quali discrepanti opinioni, dichiara il Romanin , è tuttavia parte di vero; errano però ambedue prendendo in modo assoluto e difiuilivo, ciò che assoluto e difiuilivo non poteva essere e 2