cui lo »pingevano '° ze'°Pel' Jf» giustizia, e la difesa della religione e de’diritli della s Sede. I potenti suoi nemici e gli stoici parziali lo denigrarono; molti altri . erò lo difesero e ne celebrarono le molle virtù. Fra gl’ imparziali può leggersi |j Storia di Paolo IF, di Carlo Bromato ossia Bartolomeo Carrara, quindi si conoscerà quanto fu mal giudicato, e con quanta ragione un s. Pio V lo glorificò. Si legge nel n. i3 i del Giornale di Ro-, ia del 1856: Nell’accademia d’Arcadia ¡1 prof. Paolo Mazio recitò un erudito ed elegante ragionamento, nel quale confu-laudo in alcune parti la relazione di Bernardo Navcgero intorno al pontificato di Paolo IV,espose alcune avvertenze e memorie relative all’istoria di quell’illustre Pontefice. Le relazioni degli ambasciato-ri non sempre furono esatte: uomini, soggiacquero aneli’ essi alle passioncelle della fragile umanità. In mezzo a tante confusioni d’Europa non quietavano i turchi, e l’Ungheria continuava ad esser campo alle loro armi. Alla notizia de’ loro grandi apparecchi marittimi si allarmava anche la repubblica, e furono i primi sintomi di guerra che poi scoppiò. Il che si conobbe, quando il senato per atere mandato a provvedere anzi tutto Cipro, come isola la più esposta, e alla quale ben sapeva da lungo tempo a-ver i turchi volto l’avido occhio, il pascià fatto venire a se il bailo di Costantinopoli Antonio Barbarigo, con alterigia così gli parlò: >> Non sai tu bene che quando il mio signore vorrà far l’impresa di Cipro, li tuoi signori non la potranno difendere, perchè ad un tratto manderà dalla Caramania vicina a quel regno tante genti come le stelle in cielo, che ad un tratto lo deprederanno tutto, e se li tuoi signori lo volessero difendere cou un armata di i oo,15o ovvero 200 galee, noi onderemo colla medesima armata et ¡"glieremo Cataro, Zara, e suderemo fi-ii" d \ enezia . Cercò il bailo di quietare pascià, e la flotta turca lasciando stare 365 per allora la repubblica, si contentò a dare il guasto alle coste di Napoli. Ma le flotte veneziane e turche continuamente scorrendo i mari era impossibile evitassero sempre scontri, e poco mancò non si venisse ad aperta guerra, se la repubblica non scendeva a patti degradanti. Nel giorno precedente alla morte di Pao- lo IV seguì quella del doge Lorenzo Friuli, cioè a’ 17 agosto 155g di 70 anni, lodato per saviezza, buona e onesta vita, di lodevoli costumi, perciò con generale dispiacere di Venezia, lasciando di se buon nome di rettitudine e di sapere. Fu lodato da Leonardo Giustiniani, e venne sepolto in s.Domenicodi Castello, ma la memoria di lui è nel tempio di s. Salvatore, nel magnifico monumento architettato da Cesare Franco e postodirimpel- 10 a quello del predecessore Veilier, eretto a lui e al fratello e successore Girolamo; veramente nobilissimo, ornalo di colonne di paragone, con basi e capitelli di bronzo. Nel dogado di Lorenzo ebbe compimento la chiesa dis. Geminiano,raro edifizio tanto celebrato da’nazionali e dagli stranieri per la semplicità della pianta, armonia del complesso, gentilezza di forme. In esso il Sansovino studiò e volle superare se stesso, preparandosi con quell’ultimo suo lavoro, a guisa di fenice, la pira e la tomba, sebbene poi questa fu trasferita nell’oratorio del seminario patriarcale, dopo il deplorabile atterramento del tempio vero gioiello d’archi-teltura. — Girolamo Prudi LXXXIII doge. Fratello del precedente, tutti coloro che scrissero sui fatti de’veneziani, diedero a conoscere la ragionevole sorpresa, per quanto tornai a dire parlando de’successivi dogadi 73.° e 74-° de’fralel- 11 Marco e Agostino Barbarigo, in vedere ora nuovamente un fratello succedere nl-1’ altro nella suprema dignità dello stato. Convien credere che l’esimie prerogative di Girolamo Priuli, procuratore di s. Marco, abbiano fatto tacere questa volta la politica de’padri, se sorpassando i sug-