d’ Ungheria, nondimeno essendo questi tulio intento a recarsi a Napoli pel-vendicar l’assassinio del fratello Andrea, marito della famosa regina di Sicilia Giovanna I, credutane autrice, sottoscrisse una tregua di io anni, la quale tornò vantaggiosissima a’venezinni, che altrimenti non avrebbero potuto guerreggiare contra due formidabili potenze, l’altra essendo Genova. E di vero, non cessando i genovesi da’replicali iu-sulti alla repubblica, e dalle loro pretensioni di dominio nell’oriente, fu determinato di rintuzzarne la tracotanza, dacché non valsero le querele, sulla libertà della navigazione e de’commerci. Con grossa flotta comandata da Marco Ruzzini, dice il Veludo, si venne quindi alle prese, e furono i genovesi nel porto di Carisio fortemente battuti a’ 29 agosto i35o, giorno della Decollazione di s. Gio. Battista. Giorno sì memorando, volle il senato si perpetuasse con una solennità. Essendosi salvale 4 galee genovesi, si unirono poi a quelle di Filippo Doria, il quale a’ 19 ottobre fece un improvviso sbarco a Negroponle, diè fuoco alla città, predò molti navigli, ricuperò i prigioni e con ricco bollino partì. Questi però non. furono che i preludii della furiosissima lotta che seguì. I veneziani determinati a fiaccare del tutto i genovesi odiosi rivali, si volsero a procacciarsi straniere alleanze, con Pietro IV re d’Àragona e con Giovanni Can-tacuzeno imperatore di Costantinopoli sdegnato de’soprusi genovesi. Intanto Papa Clemente VI non cessava di tentare la pacificazione delle due nazioni e di stare nell’alleanza contratta da lui col re di Cipro e col gran maestro di Rodi contro i turchi, e domandava solleciti provvedimenti. Mandò il senato in Avignone ambasciatori Nicolò Pisani, Pancrazio Giorgi e Giovanni Steno, scusandosi d’esser allora nell’ impossibilità di dare i richiesti soccorsi. Poi la repubblica affidò al Pisani il comando del- i43 l’armata, la quale si diresse verso Pera per abbatterla al suolo, secondo la convenzione fatta con Canlacuzeno, ma per la sua fortezza solo potè devastarne i contorni. Appostatosi quindi alle bocche dell’ Eusino, prese le navi genovesi che tornavano dalla Meotide. Ma saputo che una flotta nemica volgevasi a Negropon-te, il Pisani tosto accorse alla tutela di quell’isola. Pagano o Paganino Doria ammiraglio genovese, ordinòd’ inseguir- lo, però i veneziani poterono raggiungere Negroponle, e colà ben si difesero contro tutti gli assalti e sforzi de’nemici; e congiuntisi alla flotta aragonese quei comandati da Pancrazio Giustiniani, Paganino si ritirò a Pera, terminando così la campagna del i35i. Nel seguente anno le navi venete, le greche e le aragonesi insieme si volsero a Costantinopoli, coll’intenzione d’assalire in quell’acque l’armata genovese sotto il comando di Pagano Doria. Ma questi destramente evitando d’allontanarsi da Pera, seppe colà attirare il nemico in posizione favorevolissima, poiché per la strettezza del passo gli alleati non aveano campo a spiegar le loro linee, nè potevano assalirlo alle spalle. Contro il sentimento del Pisani, Santa Paola comandante a-ragonese verso la notte de’ 1 3 febbraio 1352-53 temerariamente ingaggiò battaglia. Così le due pivi potenti armate che a’que’tempi solcassero il mare, schieratesi di fronte, misurarono ferocemente le loro forze. Fu lungo e ostinato lo scontro, nuvole di dardi volavano daI-l’una parte e dall’altra, macchine d’ogni sorta lanciavano enormi proiettili, qua cori evasi all’abbordaggio, là combatte-vasi a corpo a corpo come sopra solido terreno; il fuoco all’una o altra parte apprendendosi, levava furiosissimo incendio, le grida de’comandanti, gli urli de’soldati, i lamenti de’feriti e de’moribondi empievano I’ aria, era da per tutto un terrore, un orrore. E questo accrescevasi al calar della notte, e dalla